Home RECENSIONI Death Cab For Cutie – Codes And Keys

Death Cab For Cutie – Codes And Keys

Con “Narrow Stairs” (2008) e, prima ancora, con “Plans” (2005), i Death Cab For Cutie avevano dato a vedere una certa premura di discostarsi dal passato, di compiere un decisivo passo verso quell’evoluzione stilistica che ciascuna band ha come obiettivo, provando possibilmente a mantenere numericamente inalterato il proprio pubblico. Da questo punto di vista, pertanto, Codes And Keys non stupisce né coglie impreparati. Sulla scia di “Meet Me On The Equinox”, brano inedito inserito nella soundtrack del vampiresco “New Moon” (2009), i Death Cab For Cutie producono un lavoro che accentua ulteriormente il distacco da quel sound indie fatto di chitarre ed arpeggi voluttuosi, per approfondire l’uso di tastiere ed inserti elettronici. Vedi Doors Unlocked And Open, Underneath The Sycamore o St. Peter’s Cathedral, in cui risulta chiara la ricerca del giusto equilibrio tra nuove inclinazioni e vecchi spunti, con un occhio pur sempre attento all’orecchio del fan. A conferma di quanto detto, inoltre, non pare casuale che per la prima volta Gibbard e soci abbiano deciso di non affidarsi per la produzione all’amico Chris Walla, optando per un nome che la dice lunga sulla svolta professionale voluta dai quattro americani: Alan Moulder, uno che in quanto a beat sa il fatto suo e che nel corso della propria carriera qualche nome con la N maiuscola l’ha prodotto (citeremo ad esempio i soli Nine Inch Nails e Depeche Mode). Ciò, unito al grande salto nel mondo major – con la Atlantic – avvenuto già qualche anno fa, rende bene l’idea del percorso artistico-concettuale che c’è dietro i Death Cab For Cutie, partiti nel ’97 con registrazioni casalinghe “do it yourself” e arrivati alla seconda decade del nuovo millennio con un’esperienza e un seguito di un certo spessore. Da segnalare anche la massiccia durata dell’album – quasi cinquanta minuti per sole undici tracce – e in generale la conferma di brani dall’elevato minutaggio (i sette minuti di You Are A Tourist o i sei dell’iniziale Home Is A Fire), altro aspetto che per una band indie-pop suona un po’ stonato ma che i Death Cab For Cutie non hanno mai abbandonato fin dagli esordi. Fregandosene un po’ di certe dinamiche, per un verso, inanellando singoli di successo a ripetizione, per un altro. E, in fondo, sta tutta qui la loro essenza, prendere o lasciare.

(2011, Atlantic)

01 Home Is A Fire
02 Codes And Keys
03 Some Boys
04 Doors Unlocked And Open
05 You Are A Tourist
06 Unobstructed Views
07 Monday Morning
08 Portable Television
09 Underneath The Sycamore
10 St. Peter’s Cathedral
11 Stay Young, Go Dancing

A cura di Emanuele Brunetto