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Roadies: dietro le quinte del rock

Mettiamo subito le cose in chiaro: Roadies non è certo la migliore serie prodotta negli ultimi anni, ma se amate le serie TV e la musica rock (specialmente quella live) difficilmente vi deluderà. Sicuramente meno eccessiva di “Vinyl”, ha in comune il fatto di essere stata purtroppo cancellata dopo la prima stagione, a causa di ascolti non entusiasmanti.

La sceneggiatura e buona parte della regia presentano l’autorevole firma di Cameron Crowe (“Jerry Maguire”, “Almost Famous”), e il cast non è da meno : Luke Wilson (il tennista di “The Royal Tenenbaums”), la giovane Imogen Poots (“Need For Speed”) e tantissime guest star del mondo della musica di cui parleremo dopo.

La serie – come è facile intuire – racconta le storie dei roadie che lavorano nel tour autunnale della fittizia Staton House Band, gruppo per il quale è stato creato un vero sito web. A farla da padrone nella narrazione sono alcune storie dei protagonisti, ma la musica è tutt’altro che comprimaria: lo squilibrio si avverte soprattutto negli episodi diretti da Crowe (i primi tre e l’ultimo) dove i ritmi sono onestamente troppo lenti e pagano dazio alle atmosfere sognanti e talvolta poco credibili che il regista statunitense si porta dietro dai tempi di “Almost Famous”.

Meglio gli episodi centrali, sicuramente più vivaci: alla fine ne esce comunque un risultato finale positivo, che consegna allo spettatore dieci ore di ottimo intrattenimento, dove non si contano gli svariati omaggi musicali: recitano e cantano nel ruolo di loro stessi Eddie Vedder, Jackson Browne, i Phantogram, John Mellencamp e tantissimi altri, senza tener conto degli artisti omaggiati con puntate ad hoc (Who e Lynyrd Skynyrd) e di una soundtrack da primi della classe, che oltre ai nomi già citati vede la presenza di Cocteau Twins, Sun Kil Moon e Kurt Vile.

A noi tanto basta per suggerirvi di recuperare le dieci ore di “Roadies” (trasmesso in Italia da Mediaset Premium), anche se il finale “aperto” che rimarrà senza seguito finisce per lasciare inevitabilmente l’amaro in bocca.

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Una malattia cronica chiamata britpop lo affligge dal lontano 1994 e non vuole guarire. Bassista fallito, ma per suonare da headliner a Glastonbury c'è tempo. Già farmacista, ha messo su la sua piccola impresa turistica. Scrive per Il Cibicida dal 2009.