Home INTERVISTE Diaframma: «Manca il rock come forma eversiva»

Diaframma: «Manca il rock come forma eversiva»

diframmaintervista2012Niente di serio, proprio come il punk, proprio come il pop, proprio come Federico Fiumani. Eccolo di ritorno l’artista fiorentino con un disco che è lui (e la sua creatura, i Diaframma) al 100%: rock libero, testi liberi, con nessun filtro e nessun dettato e poi ancora elettricità agrodolce, ironia caustica e romanticismo sbilenco. DNA che Fiumani porta con sé da sempre. Da quando cioè, negli anni Ottanta, a Firenze, insieme a band come Litfiba e Neon, i suoi Diaframma parteciparono a sciacquare la new wave in Arno. Da “SIberia” (il debutto del 1984) a “Niente di serio”, Fiumani ha conservato stessi capelli lisci e stesso unico, irrinunciabile totem: la libertà

Federico, partiamo dal titolo: “Niente di serio”. E’ un invito ad ascoltare il tuo come un album pop? 
Direi proprio di sì, come si ascolta un disco pop è una bellissima definizione.

Di certo ti piace anche giocare con piccole grandi frasi scabrose (su tutte quel “sperma nell’occhio” in “Entropia”) . In barba a un paese spesso così moralista?
Vero, mi piace giocare e provocare. Si scandalizzano spesso i maschi, le donne mai?

Il tuo cantato (vedi in “Madre Superiora”) è sgraziato, volutamente spigoloso e imperfetto. Qual è il tuo rapporto con la tua voce?
Purtroppo hai ragione, ma ho questa voce qui e me la devo tenere. Cerco di supplire con la grinta.

C’è una sensazione fortissima che marchia questo disco: la tua voglia di libertà. Libertà d’espressione, musicale, dialettica, sentimentale. Una libertà irriducibile?
Anche qui ci hai preso, una voglia di libertà e di recuperare un rapporto gioioso con la musica. Sai, io mi sono formato negli anni ‘60 e ‘70 quando le grandi utopie erano ancora praticabili e questa ricerca (di utopia) mi è rimasta dentro. Sono stati anni meravigliosi quelli e la musica ne risentiva.

In questo senso il verso “cara entropia, portami via” mette l’ascoltatore di fronte a un Fiumani universale. Riesci ad avere ben presente il tuo momento artistico e umano?
Quella frase l’ho rubata a un post della mia ex… e viene notata da tutti, accidenti! Del resto lei pubblicava post ganzissimi. Ho fatto un po’ come i Beatles, che scrivevano i testi rubacchiando la frase di un amico, gli slogan delle pubblicità etc… Penso di sì, mi sento abbastanza lucido.

Mi racconti della collaborazione con Gianluca De Rubertis?
Amo Gianluca, è un tipo carismatico e un ottimo musicista… sono fan de Il Genio. Ho pensato subito a lui e sono contento del risultato. E’ arrivato a Firenze verso le undici, abbiamo mangiato un’insalata e poi siamo stati in studio fino alle dieci di sera. Lui aveva già ascoltato i pezzi e se li era studiati, abbiamo suonato molto piacevolmente e molto intensamente. Poi siamo andati a giro per Firenze, era estate, e due straniere ci hanno, anzi, lo hanno imbroccato.

In “Tempesta nel mio cuore” citi il nuovo femminismo: un movimento che s’è scollato dalla società?
No, semmai si è trasformato… ieri era abbastanza prevedibile oggi non sai più cosa aspettarti!

A proposito di scollamento. Il rock ha perso il suo valore di “voce” di una generazione? Gino Castaldo di Repubblica ha scritto un pezzo in cui ipotizza la fine del rock proprio per questo motivo…
Sicuramente ha perso quella carica eversiva che aveva un tempo. Prima il rock era pericolo, oggi direi quasi per niente. Era una minaccia, ma che fascino che avevano le rockstar! Almeno ai miei occhi di ragazzino.

“L’energia del rock è difficile da spiegare” scrivi nell’omonimo pezzo. Senza quell’energia oggi chi sarebbe Fiumani? Che lavoro farebbe? Dove si troverebbe?
Sarei come Syd Barrett, e senza aver mai calato acidi.

Il crac del paese credi stia effetto sta avendo sulla musica? 
Andiamoci piano a parlare di crac… comunque penso nessuno. Certo c’è malumore e malcontento ma se ancora si può suonare…

Sono stato di recente a Firenze e, sarà stato un caso, ma in due locali ho sentito prima i Litfiba (il disco nuovo) e poi un pezzo vecchio dei Diaframma. Perché non è successo più nulla in città?
No, direi che comunque altre cose ci sono state, per esempio la Bandabardò. Però mi fa piacere che quel periodo, gli anni ‘80, sia ancora ricordato, è stato molto bello viverci. Non saprei, io all’epoca avevo 20 anni o giù di lì, magari cambiano soprattutto le persone, più velocemente delle città.

I Marlene Kuntz andranno a Sanremo e già i fan hanno storto il naso. Che ne pensi? Quando si hanno tanti anni di carriera alle spalle, l’amore dei fan per un tuo modo d’essere, può diventare un freno all’evoluzione?
Ci ho pensato a questa tua domanda… dunque, la mia teoria è questa: i Marlene sono nati in seno al CPI, Consorzio Produttori Indipendenti, una realtà molto viva e stimolante per loro. Poi con gli anni quella realtà è scomparsa e loro hanno proseguito da soli, peraltro con buoni risultati. Ma, appunto, si sentono soli. Vogliono stimoli e sfide e Sanremo è un’ottima occasione…