Home INTERVISTE Egle Sommacal – “Di chitarra e legno”

Egle Sommacal – “Di chitarra e legno”

Aprile 2007: Per chi è davvero attento alla scena musicale italiana underground, il nome di Egle Sommacal non dovrebbe risultare sconosciuto. Lui è stato uno degli interpreti di quel progetto musicale chiamato Massimo Volume che negli anni ‘90 ha spiazzato tutti. Nessuno in Italia aveva mai fatto quel tipo di “spoken rock”, nessuno aveva rischiato con chitarre e batteria così strazianti e claustrofobiche. Egle con la sua sei corde violenta, tartassata e minimale ha suonato le storie urbane di Mimì Clementi come meglio non si poteva. E’ stato l’artefice di un suono che riuscisse ad interpretare gli stracci di vita di Mimì. Poi però i Massimo Volume finiscono la loro corsa e, allora, Sommacal s’è trovato a ricominciare girovagando un po’ in collaborazioni differenti: da Moltheni agli Ulan Bator (con i quali registra il disco “Nouvelle Air” nel 2001). Oggi nel suo percorso c’è un album come “Legno”: un disco strumentale di sola chitarra acustica. Un percorso di suoni ed immagini. Una prova di grande sensibilità musicale. Il Cibicida intervista Egle Sommacal. Buona lettura.

Domanda: Come hai messo assieme i pezzi di “Legno”?
Egle: Ho impiegato molto tempo a comporre i brani di “Legno”, non ti saprei dire quando ho iniziato, la composizione si confonde con lo studio e con altri progetti, cioè ad un certo punto avevo una serie di brani per chitarra sola e da quel momento è nata l’idea e poi la possibilità di farne un disco. La selezione è stata semplice, ho optato per un disco solo acustico, anche perchè i brani con l’elettrica avevano, tranne un paio, un mood differente e altri brani acustici si prestavano più ad essere arrangiati.

Domanda: C’è un canovaccio ideale che lega le otto composizioni per sola chitarra?
Egle: Penso che possano essere percepiti come un unico progetto, il fatto di trovare lo stesso strumento (una Sigma D35) registrata mixata e masterizzata allo stesso modo poi aiuta in tal senso, ma credo che anche i brani stessi siano in qualche modo omogenei, avevo paura di fare una cosa eterogenea, ho preferito correre il rischio di annoiare.

Domanda: Leggevo da qualche parte che il disco è interamente registrato in presa diretta, a casa tua. Quanto ne guadagna e quanto ne perde l’intero album?
Egle: Registrare in studio è sempre meglio, io poi non sono un appassionato del lowfile, semplicemente, preferivo lavorare con calma senza l’ansia delle ore che diventano soldi da pagare… e comunque si trattava di una cosa molto semplice, che appunto potevo fare anche a casa mia. In ogni caso in uno studio il suono sarebbe stato migliore, tieni conto poi che il mio salotto non ha un buon “ambiente sonoro”.

Domanda: Tu e la chitarra acustica; che tipo di rapporto hai con lo strumento?
Egle: Ho sempre avuto un rapporto conflittuale con lo strumento… male alle mani, alla schiena, fatica insomma. Qualcosa di diverso dall’immagine che si possono essere fatti alcuni…

Domanda: Che tipo di ricerca musicale si ritrova nelle pieghe di “Legno”?
Egle: E poi la ricerca… mah… ho il mio gusto musicale, semplicemente cerco di fare della musica che mi piaccia, è l’unico problema che mi pongo quando compongo.

Domanda: Quale può essere la “fortuna” di un disco fatto con poco e così poco vendibile?
Egle: Mah… non è che dischi rock o pop con un potenziale mercato ben più grande del mio vendano questo granché… il disco mi serve per girare dal vivo, cerco di fare una distribuzione porta a porta, certo non mi aspetto di entrare in classifica… comunque sono soddisfatto di come sta andando.

Domanda: Facciamo un passo indietro. Cosa ha reso i Massimo Volume unici nella scena italiana? E, soprattutto, cosa ti manca maggiormente di quel periodo?
Egle: Avevamo uno stile personale, determinato anche dal fatto che sapevamo suonare solo in quel modo, paradossalmente non credo che faccia bene ad un gruppo rock padroneggiare con sicurezza più stili, può diventare controproducente, perdi di vista le cose che contano in quell’ambito: l’originalità, la sincerità, rischi di diventare la brutta imitazione dei tuoi idoli. Noi siamo stati fortunati, non sapevamo suonare come i nostri idoli… Cosa mi manca? Ho imparato ad accettare che il tempo passa e che le cose cambiano, per fortuna!

Domanda: L’esperienza Ulan Bator è una parentesi chiusa per te?
Egle: Si.

Domanda: Domanda di rito: se ti dico Cibicida cosa ti viene in mente?
Egle: Un cartone animato giapponese.

* Foto d’archivio

A cura di Riccardo Marra