Home INTERVISTE Non Voglio Che Clara – “La nostra musica così umorale”

Non Voglio Che Clara – “La nostra musica così umorale”

Gennaio 2007: A quasi un anno dall’uscita del loro secondo lavoro, un gioiello “untitled”, Il Cibicida ha incontrato per una chiacchierata virtuale Fabio De Min, voce e leader dei Non Voglio Che Clara; la formazione bellunese, attiva dal 2004 (anno dell’esordio con “Hotel Tivoli”), con la propria musica ha dato nuova linfa vitale alla canzone d’autore made in Italy, grazie soprattutto alle liriche di De Min.

Domanda: Lo so, domanda banale, ma obbligata allo stesso tempo: il vostro nome? Chi è Clara? E perché la “volete”?
Fabio: Il nome del gruppo più che una volontà nasconde una determinazione, ormai priva di sentimento, di fronte ad una situazione che si è fatta irreparabile. Credo che molti leghino il nostro nome al contenuto delle nostre canzoni, ma per la verità più per il mondo che evoca, che da presunti significati nascosti.

Domanda: Come nasce un vostro album, chi compone i pezzi e chi li arrangia?
Fabio: Solitamente mi occupo di portare delle stesure molto semplici dei brani ai quali poi si aggiunge il lavoro del resto del gruppo. I due dischi poi hanno avuto una gestazione molto diversa l’uno dall’altro, più lunga e travagliata quella di “Non voglio che Clara” rispetto all’esordio.

Domanda: I vostri lavori “vengono fuori” sempre come li volete, così come vengono progettati, oppure vi rendete conto a fine lavorazione di qualche venatura “imprevista”?
Fabio: Ricordo una frase contenuta nel booklet di “Experimental Jet Set” dei Sonic Youth che diceva pressappoco che una idea, una volta che esce dalla tua testa per essere sviluppata, viene irrimediabilmente compromessa. Per “Non voglio che Clara” abbiamo avuto tempo a sufficienza per compromettere tutto quello che avevamo in mente. Così abbiamo alternato giornate di totale sconforto ad altre di grande eccitazione, momenti in cui avevamo le idee chiarissime sul da farsi ad altri di buio totale.

Domanda: Il vostro secondo album è omonimo oppure non ha semplicemente titolo? E perchè?
Fabio: Più che un disco omonimo si tratta di un disco senza titolo. Dopo aver visto l’illustrazione che Roberta Zaetta aveva preparato per noi ho pensato che non servisse aggiungere altre parole. In più pensiamo sia un disco che ben ci rappresenta.

Domanda: Quali sono i punti di incontro, e quali quelli di “scontro”, fra “Hotel Tivoli” ed il suo successore?
Fabio: A distanza di tempo più li ascolto e più li trovo imperfetti. Ma mi piace pensare che, se in qualche modo riescono a comunicare qualcosa, questo sia dovuto proprio alle imperfezioni che contengono.

Domanda: Come mai la scelta per la voce femminile in “Sottile” è ricaduta su Syria? Il suo percorso artistico è decisamente diverso dal vostro…
Fabio: Il fatto che Syria avesse un percorso artistico diverso dal nostro non ci spaventava affatto, anzi è stato proprio questo, unitamente al fatto che lei è bravissima, uno dei motivi determinanti che ci ha portati a contattarla. In più lei aveva dimostrato in diverse occasioni di apprezzare il nostro lavoro, e questo ha reso tutto più semplice.

Domanda: Vi si dice spesso, anche troppo, che somigliate a Tenco, ed in generale al cantautorato italiano degli anni ’50 e ’60. Cosa o chi, invece, ispira la vostra musica?
Fabio: Per quanto lo apprezzi non mi sento particolarmente vicino a Tenco e non lo reputo una influenza diretta né sulla mia scrittura, a livello di contenuti, né sulla forma delle nostre canzoni. Credo che il nostro legame con la tradizione italiana sia piuttosto inconscio poichè la musica che ci ha spinto, ad un certo punto della nostra vita, a prendere in mano degli strumenti è più legata a certa produzione indipendente, americana e inglese.

Domanda: Ti faccio un nome: Perturbazione. Li trovo affini a voi per molti aspetti. Che ne dici?
Fabio: Qualche anno fa i Perturbazione hanno scelto di passare al cantato in italiano dopo qualche lavoro in lingua inglese. Pur non avendo io mai preso in considerazione l’idea di cantare in una lingua diversa dall’italiano credo che dietro la scelta di cantare in italiano, pur avendo un background anglosassone, ci sia lo stesso tipo di urgenza comunicativa. “Canzoni allo specchio” è un disco che ho apprezzato moltissimo.

Domanda: Avete mai pensato (e magari già provato) di sporcare qualche vostra sonorità elettronicamente?
Fabio: Non ci è ancora venuta l’ispirazione in tal senso.

Domanda: Domanda di rito: se ti dico Cibicida cosa ti viene in mente?
Fabio: Un bulimico.

* Foto d’archivio

A cura di Emanuele Brunetto ed Adriano Cammarata