Home MONOGRAFIE Tool

Tool

I natali della band si devono a Tom Morello dei Rage Against The Machine che nel 1990 presenta Adam Jones a Maynard James Keenan. Più che una band, i Tool sono un costrutto artistico che unisce musica, letteratura esoterica e arti visive, soprattutto grazie agli assurdi video secreti dalla mente di Adam Jones. Creatori di uno stile ineffabile e peculiare che si abbevera tanto al post-metal e alla psichedelia quanto al prog rock anni ‘70 con accenti industrial ed etnici, prima di divenire celebri con internet di loro si sapeva poco o nulla, un’aura di mistero li ha accompagnati almeno fino a “Lateralus”. Dopo lo tsunami del grunge, sono il gruppo che ha più influenzato le nuove generazioni rock a partire dalla seconda metà degli anni ’90, orde di musicisti, dal nu metal/crossover passando per le derive del post hardcore devono tantissimo ai quattro californiani, capaci di riscrivere con due soli album la grammatica del rock del Nuovo Millennio.

 

OPIATE (1992)

Ruvidi e con un’identità ancora da plasmare, l’EP è il frutto di due anni di jam del gruppo. Il titolo è ispirato alla celebre frase di Karl Marx sulla religione che assopisce la coscienza della massa e i testi non le mandano a dire. Nonostante si intravedano già tratti peculiari, qui di capolavori non ce ne sono, anche se “Part Of Me” e “Sweat” colpiscono alle costole. Due brani sono registrati dal vivo, “Cold & Ugly” e “Jerk Off”.

Brano consigliato: Part Of Me – In breve: 3/5

 

UNDERTOW (1993)

È un passo e mezzo avanti a “Opiate”, su lunga distanza i Tool danno il meglio di sé con brani più maturi e complessi (“Intolerance”, “Crawl Away”) nonostante non rinneghino mai una certa fluidità melodica (“Sober”, “Prison Sex”). Un mix detonante che guarda al grunge e al metal di foggia obliqua, il tutto ammantato da una sulfurea patina industrial. Non siamo ancora al cospetto dei Tool che faranno la storia, ma i semi sono pronti a germogliare.

Brano consigliato: Prison Sex – In breve: 4/5

 

AENIMA (1996)

È l’album della svolta. Justin Chancellor subentra a Paul D’Amour al basso e le texture si complicano grazie al suo stile da chitarrista aggiunto, i suoi giri si incastrano coi riff di Jones, sempre più personali e liberi dalle influenze del primo album. Dall’esplosivo inizio di “Stinkfist” fino al fiammeggiante finale di “Third Eye”, quello dei Tool è un viaggio tra strutture dilatate e cangianti, suoni affilati e un’atmosfera sci-fi ipnotica. Il magmatico incedere di “Eulogy”, il giro tentacolare di “Forty Six & 2” e i poliritmi di “AEnema” decretano la definitiva maturazione del quartetto. L’album è dedicato allo scomparso Bill Hicks.

Brano consigliato: Third Eye – In breve: 4,5/5

 

SALIVAL (2000)

Le voci di scioglimento si fanno insistenti, vuoi per le sfiancanti beghe legali del gruppo con l’etichetta, la Volcano, vuoi per l’esordio di Keenan con gli A Perfect Circle. Questo è un box set per fan con versioni live registrate tra il ‘92 e il ‘98 di “Third Eye”, “Pushit”, “Part Of Me”, una cover di “You Lied” dei Peach, l’ex band di Chancellor. La vera chicca è la rilettura di “No Quarter” dei Led Zeppelin, la sua potenza vale per intero il prezzo del biglietto.

Brano consigliato: No Quarter – In breve: 3/5

 

LATERALUS (2001)

Si poteva andare oltre “AEnima”? Molti avrebbero detto no, eppure questo disco sposta in là i confini. Il quid è la spaventosa maturazione di Danny Carey e la band lo segue creando architetture ritmiche folli che conducono a estreme conseguenze le asperità geometriche dei King Crimson. “Lateralus” è imperscrutabile, sembra venuto fuori da angoli inesplorati dell’universo, complice la particolare produzione di David Bottrill, soprattutto nel trattamento della voce di Keenan e della batteria di Carey. Si fa incalzante l’influenza etnica nell’impianto percussivo e nelle melodie, sia vocali che strumentali. Unendo Kabbalah, numerologia e astronomia, questa è un’opera d’arte a tutto tondo, monumentale manifesto esistenzialista che perora l’autodeterminazione individuale. La sequenza di Fibonacci dell’impressionante title track – che chiude con un climax da brivido – e il riff in 5/4 di “Schism” sono Storia. Punto.

Brano consigliato: Lateralus – In breve: 5/5

 

10,000 DAYS (2006)

Ci vogliono 5 anni per il sequel di “Lateralus”. Lo stile-Tool è ormai codificato ma sorprende il taglio psichedelico della suite “Wings For Marie/10,000 Days”, con i Pink Floyd di “Meddle” dietro l’angolo. Sebbene contenga alcune delle composizioni migliori del gruppo (“The Pot”, “Vicarious”, “Right In Two”), nella parte centrale la filigrana narrativa singhiozza un po’. La produzione è potentissima e profonda, le chitarre sembrano uscire dallo stereo in lapilli incandescenti. Il pirotecnico artwork, opera di Adam Jones e del pittore Alex Grey, è l’ennesimo lampo di genio di una band estremamente attenta all’estetica.

Brano consigliato: The Pot – In breve: 4/5