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Alabama Shakes – Sound & Color

soundandcolorGli Alabama Shakes sono stati uno dei nomi di punta del mondo “alternativo” (ammesso che abbia ancora un senso parlare di alternativo) sin dalla pubblicazione dell’esordio “Boys & Girls”, tre anni or sono. In questi tre anni ne sono successe di cose a Brittany Howard e soci, tra nomination ai Grammy, una pletora di apparizioni televisive, suonare alla Casa Bianca per il presidente Obama (una straordinaria “Born Under A Bad Sign” con Steve Cropper alla chitarra e Booker T. Jones all’Hammond e voce), complimenti e attestati di stima da parte di Robert Plant, Jack White e chi più ne ha più ne metta… una bella botta quella del sophomore album. O, almeno, questo è ciò che tutti si aspettavano.

L’esordio, devotamente dedito a ricreare suoni del passato (sottolinea il Guardian: “esaltati [dalla critica] per la loro carenza di originalità”), dava il più ampio risalto possibile alla voce poderosa della Howard, agghindandola con soavi chitarre che puzzavano di Muscle Shoals lontano un miglio. La potenza dei pezzi (beh, di parte dei pezzi) faceva soprassedere sul fatto che l’impressione fosse di trovarsi di fronte a un’altra delle tante soul revival band, sulla scia dei Dap Kings di Sharon Jones, e in molti si sono interrogati su quale seguito avrebbe avuto il chiacchieratissimo “Boys & Girls”.

La risposta è infine arrivata, s’intitola Sound & Color ed è assolutamente sorprendente: il suono è rinnovato, moderno, fresco. Dimenticato il mix “pulito” dell’esordio, la voce di Brittany Howard viene utilizzata come uno degli strumenti che compongono il dipinto, uno dei colori che riempiono la tavolozza sonora dei ragazzi dell’Alabama.

Assolutamente sorprendente è anche la varietà stilistica riscontrabile nei quasi 50 minuti dell’album, vedi il rabbioso semi-grunge che si apre nel doo-wop incluso di The Greatest. Nulla di ciò che sentiamo suona fuori posto e non sembra strano sentire l’inquietante Gemini, jam di sei minuti carica di riverbero e claustrofobicamente incentrata sul beat ipnotico creato dal basso e dalla batteria, rispetto ai quali la voce di Brittany Howard e il velato Fender Rhodes fanno da contrasto, insieme al blues di This Feeling, sereno ed acustico, o al rock radio-ready del singolo Don’t Wanna Fight. Né suonano fuori posto i beat quasi da hip hop dell’apripista Sound & Color.

C’è qualche raro momento nel quale si ricade nei vecchi trucchetti (Miss You è sostanzialmente una revisione, gradevole e non necessaria, di “Try A Little Tenderness”) e manca un pezzone clamoroso come fu “Hold On” in “Boys & Girls” (seppure la rauca “Don’t Wanna Fight” ci vada vicino), ma alla fin della fiera “Sound & Color” è un successo su tutti i fronti e afferma Brittany Howard come uno dei personaggi più interessanti della scena musicale odierna e gli Alabama Shakes (i cui componenti sono tutt’altro che una backing band) come una realtà con la quale fare i conti.

Quindi sarebbe meglio smetterla di trattarli come l’ennesimo caso umano da reality show, mollare ‘sta tediosa storia dell’impiegata alla posta che non aveva mai messo piede fuori dall’Alabama e riconoscergli il rispetto che certamente meritano.

(2015, Rough Trade / ATO)

01 Sound & Color
02 Don’t Wanna Fight
03 Dunes
04 Future People
05 Gimme All Your Love
06 This Feeling
07 Guess Who
08 The Greatest
09 Shoegaze
10 Miss You
11 Gemini
12 Over My Head

IN BREVE: 4/5

Reverendo Dudeista, collezionista ossessivo compulsivo, avvocato fallito, musicista fallito. Ha vissuto cento vite, nessuna delle quali interessante. Scrive per Il Cibicida da un numero imprecisato di anni che sarebbe precisato se solo sapesse contare.