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Babyshambles – Sequel To The Prequel

sequeltotheprequelPerché, sono ancora in circolazione? Potrebbe bastare questa domanda, rivoltaci da un interlocutore di cui non faremo il nome, per sintetizzare in modo eloquente l’attesa dietro questo nuovo lavoro griffato Babyshambles e, soprattutto, le aspettative riposte nella band di Pete Doherty. Un personaggio, l’ex frontman dei Libertines, che ha raggiunto (già da un pezzo) quel livello si sovresposizione mediatica dal quale è difficile tornare indietro senza ripercussioni catastrofiche sulla propria immagine. E (quasi) mai per questioni meramente artistiche, tanto da lasciare perplessi ogni volta che si ritorna a parlare di musica nella stessa frase in cui compare lui.

Per questo e per tanti altri motivi sarebbe piuttosto semplice sparare su questa Croce Rossa, quindi tanto vale limitarsi al disco. Sequel To The Prequel ha già nel suo titolo un’ammissione di colpe che oscilla fra il sarcastico e il patetico, a seconda di come si voglia interpretare la cosa. Perché, effettivamente, questo terzo lavoro dei Babyshambles (anche se sarebbe più corretto dire di Doherty sotto la sigla Babyshambles, dato che della band originaria non c’è rimasto più nessuno) continua sulla falsariga dei suoi predecessori raccogliendo un po’ qua e un po’ là le briciole cadute in terra dall’immenso tavolo del brit rock.

Il problema è che “Sequel To The Prequel” più che somigliare al terzo capitolo de “Il Signore degli Anelli” è paragonabile a qualcosa come “Fast And Furious 1406” o giù di lì. Doherty ci tritura ancora e ancora i cosiddetti con la sua rehab (Picture Me In A Hospital), coi suoi sbalzi umorali decisamente pilotati e col suo atteggiarsi à la Joe Strummer che ha ormai raggiunto livelli patologici. Dr. No, reggae al punto giusto, è un buon pezzo (addirittura fra i migliori dell’album), ma tu, caro Pete, non sei il leader dei Clash. Mettitelo in testa una volta per tutte.

Per il resto, c’è un brano come Farmer’s Daughter che è sempre sul punto di esplodere salvo poi implodere su se stesso, per la serie “vorrei ma non posso”. Ma più in generale, nonostante le tracce contenute nell’album siano solo dodici, si fatica a mantenere l’attenzione alta fino alla fine, segno di come la ripetitività sia davvero pesante anche all’interno dello stesso album. Continuando di questo passo, per il prossimo album firmato da Pete Doherty dovremo passare dalle metafore cinematografiche a quelle televisive: vi dice nulla “Beautiful”?

(2013, Parlophone)

01 Fireman
02 Nothing Comes To Nothing
03 New Pair
04 Farmer’s Daughter
05 Fall From Grace
06 Maybeline
07 Sequel To The Prequel
08 Dr. No
09 Penguins
10 Picture Me In A Hospital
11 Seven Shades Of Nothing
12 Minefield