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Balmorhea – Constellations

I Balmorhea sono una delle rivelazioni degli ultimi tempi. Viaggiano al ritmo di un album all’anno e finora non ne hanno sbagliato uno. “River Arms” del 2008 e “All Is Wild, All Is Silent” dello scorso anno sono due veri e propri gioielli di post-folk d’autore. Al catalogo delle gemme va ad aggiungersi il quartogenito Constellations, l’opera più rarefatta e affascinante che il quintetto di Austin, Texas, ha finora dato alla luce. Fatto tesoro della lezione orchestrale dei Godspeed You! Black Emperor e dell’eredità poetica del post-rock cameristico dei Rachel’s, senza recidere quelle radici bucoliche che affondano nel folk acustico, i Balmorhea descrivono lo struggimento dell’anima, la fragile lontananza della felicità che si è persa, la malinconia che si dipana come un fluido nelle vene. Ad un quadro omogeneo da un punto di vista emotivo si contrappone la spiccata personalità di ognuno dei singoli tasselli che concorrono a delinearlo. Ogni brano è una piccola storia raccontata in sussurri estatici che si intrecciano col vento e si dileguano, fino a sfumarsi in trasparenti chiazze di ricordi. L’inizio è minimale e pregno di lacrime: To The Order Of Night è assorbita dal buio, è un singhiozzo di solitudine in una notte di tormento. Bowsprit è un crescendo emotivo che parte a timidi passi su buchi di silenzio per poi invigorirsi con aliti di archi e il tutto ci ricorda lo stile del nostrano compositore Giovanni Sollima. Il gospel uggioso di Winter Circle è diretto discendente delle dissoluzioni dei Popol Vuh, rimane sospeso per aria laddove è minacciato da sparute nubi. Herons è una mesta attesa sulla soglia di una casa in mezzo al grano, un’attesa che sembra tanto infinita quanto profonda. Lo spettro di John Cage aleggia sul sinistro e ombroso principio della title-track che, una volta rivelata la sua identità sofferta, non avrebbe per niente sfigurato nella colonna sonora del bellissimo film “Waking Life” (soundtrack a firma Tosca Tango Orchestra). La segue l’apice immaginifico dell’intero platter, la sublime Steerage And The Lamp, affresco impressionista di una pioggia battente su un notturno specchio d’acqua nel mezzo di un sogno debussiano che è quasi un urlo di disperazione o un pianto nascosto sotto le coperte. Night Squall è quanto di più prossimo ci sia nel disco col recente passato, un autunnale folk che ha strette parentele melodiche con l’eccelsa violoncellista Julia Kent ed è preludio a On The Weight Of Night, che si dilata come una bolla con la lentezza epica degli Earth, privi però della loro scorza lisergica e visionaria. Ed è l’incanto celestiale di Palestrina a far calare il sipario su un lavoro emozionante e pregiato: tanti fili di luce traspaiono dalle fessure e queste si sciolgono progressivamente fino a scomparire, lasciando tutto intorno un pulviscolo luccicante che si attacca alla pelle. I Balmorhea, in trentotto minuti, si appropriano delle nostre emozioni, delle nostre stesse esistenze, le sondano e le attraversano facendo affiorare ricordi e sensazioni contrastanti. Ci bloccano il respiro con la loro malinconia, ma nel contempo ci aprono il cuore per alleviare il peso dell’esistenza. Poche obiezioni, questo è un album superlativo.

(2010, Western Vinyl)

01 To The Order Of Night
02 Bowsprit
03 Winter Circle
04 Herons
05 Constellations
06 Steerage And The Lamp
07 Night Squall
08 On The Weight Of Night
09 Palestrina

A cura di Marco Giarratana