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Bill Callahan – Apocalypse

Una stanza d’hotel, una lampada balbettante, una tv senz’audio e una penna con cui scrivere. L’apocalisse di Bill Callahan non ha bisogno di visioni sconvolgenti, catastrofi e una drammatica pioggia di anime. Ha bisogno invece dei sentimenti, dell’atto di cavalcarli per davvero, fino in fondo, facendosi investire da questi come da un’onda che mangia gli scogli. Ecco, i sentimenti, sembra scontato citarli in causa, ma non è così. Sicuramente non per Bill, sempre così attento a farli filtrare solo poco a poco con la musica. Apocalypse, dunque, è un disco zeppo di umori. Dal fischiettio allegro e jazz di Free’s (c’è tutto il Nick Drake di “Hazey Jane”), al blues pianistico di One Fine Morning, dalla bossanova caustica di America! alle chitarre spagnoleggianti e oniriche di Drover. Sette canzoni come ai vecchi tempi, sette brani che vogliono dire: ho questo in pancia. Bill Callahan affronta la materia con il suo tocco morbido, le sue intuizioni sulla vita e sulla musica. Non è questo un disco di genere, ma piuttosto quel genere di disco che popola il mondo dell’ascoltatore in maniera universale. Come un film americano, uno di quelli che t’entra sottopelle e cambia almeno un po’ il modo di vedere le cose. Come? Ripetiamo, con i sentimenti. Lasciandosi andare a quelli, sbaragliando i filtri della città, del rumore, del rotolare automatici verso l’ennesima notte, l’ennesima colazione, l’ennesimo buongiorno, l’ennesimo caffè. Riding for the feeling è questo. E’ una ballata inzuppata di languore e spinta leggermente dal vento. Callahan sussurra il suo mondo e spinge i suoi suoni a echeggiare nello spazio again and again and again. Un pezzo capolavoro che si va a inserire tra i classici di questo tempo storico che i classici li allontana come fossero un morbo da cui salvarsi. Ecco, Bill riesce anche in questo: tagliare il tempo in due, penetrandolo come l’inchiostro di un tatuaggio. E così, nero e indelebile, il disegno di “Apocalypse” si staglia sulla pelle per sempre. Oggi, ma anche domani.

(2011, Drag City)

01 Drover
02 Baby’s breath
03 America!
04 Universal applicant
05 Riding for the feeling
06 Free’s
07 One fine morning

A cura di Riccardo Marra