Home RECENSIONI Blonde Redhead – Fake Can Be Just As Good

Blonde Redhead – Fake Can Be Just As Good

Fake Can Be Just As Good: piccoli Sonic Youth crescono. New York sempre e comunque capitale del noise rock. E’ il 1997 quando, traghettati dalla piccola Smells Like Records all’etichetta cult Touch And Go, i Blonde Redhead dei gemelli Pace e della giapponese Kazu Makino, confermano, senza lasciare più spazio ai dubbi, di saperci fare con la fretta, l’affanno, il post-punk nevrotico ed il rumorismo più sgraziato, un po’ ricalcati, un po’ rubacchiati, un po’ solo presi in prestito dalla band di Moore e Ranaldo (si ricordi, in questo senso, la produzione del batterista della “Gioventù Sonica”, Steve Shelley, per l’album d’esordio omonimo “Blonde Redhead”). Così è come se la scena di New York si stia divertendo a passare i testimoni di mano in mano per una staffetta iniziata nel 1967 dei Velvet Underground e che è arrivata fino a qui senza perdere fiato ed intensità. Detto questo, quindi, la splendida Kazuality, posta in apertura, rappresenta bene il bagaglio ereditato: ritmo frenetico, voce a squarciagola di Amedeo Pace, batteria singhiozzante, chitarre strangolate. Il titolo del disco cita il “falso”, forse l’illusionismo del rock. I Blonde Redhead propongono una gamma di creazioni storpiate, sfigurate, ma di grandissima veemenza. All’ascolto, passati con passione, la psichedelia di Symphony Of Tremble, e il ritmo frenetico, tribolato di Water – fatto di chitarre distorte, dissonanza, controtempi, lamenti, aperture strumentali di puro noise devastante – si giunge alla campana inquieta che apre Ego Maniac Kid. La voce sofferente e febbrile di Kazu va a fracassarsi contro le pareti chitarristiche del pezzo. Quindi: dolcezza vs distorsioni, dolce + amaro. Quindi: ossessione, strazio infantile, ego frantumato. Lo st(r)ato mentale approssimativo di questo ultimo brano va a trovare un’ideale continuo in Bipolar. E’ lo sbalzo degli umori la materia trattata, qui, dal trio di New York. A commentarlo, atmosfere tribali e venature taglienti si fanno calpestare dalla voce di Amedeo Pace e della Makino, come a rappresentare la doppia faccia umorale del pezzo e quella della patologia mentale del bipolarismo. Il punk di Pier Paolo, poi, è l’ennesimo omaggio degli italo-americani Pace al compianto Pasolini (citato anche nei ringraziamenti del booklet) dopo quello del titolo “La Mia Vita Violenta” del secondo album datato 1995. Quale altro personaggio incarna meglio di lui il carattere visionario, le ossessioni puerili, la lotta cerebrale e – allo stesso momento – il genio, la creatività, la sana pazzia dell’arte? L’album si congeda con la cavalcata “Fugazi style” di Futurism Vs. Passéism. Cadenza affannata, batteria galoppante, chitarre massicce, serpentine violente, speranza zero. Una parabola che non ha tempo, veloce come una scheggia, potente come un proiettile, decadente come la società che rappresenta.

Nota: Vern Rumsey degli Unwound suona le linee di basso in buona parte dei brani.

(1997, Touch And Go)

01 Kazuality
02 Symphony Of Treble
03 Water
04 Ego Maniac Kid
05 Bipolar
06 Pier Paolo
07 Oh James
08 Futurism Vs. Passéism

A cura di Riccardo Marra