Home RECENSIONI Bonnie ‘Prince’ Billy – Best Troubador

Bonnie ‘Prince’ Billy – Best Troubador

“Penso più alle buone canzoni e a pescare un grosso pesce persico che a fare soldi”, così parlava Merle Haggard, uno per cui la vita era racchiusa nel movimento di polso che accompagna il plettro a ricamare musica country. Un musicista per vocazione e per risposta a una vita bastarda che lo ha reso presto povero e orfano, Haggard.

Lui, morto a 79 anni il 6 aprile dello scorso anno (nel giorno del suo compleanno in uno strano gioco del destino: nascita e morte conficcati in un unico giorno di primavera), ha scritto pagine importanti della musica americana. E come tutti i grandi poeti di un’America semplice, addolorata, campestre, Merle – come diceva fieramente nel suo aforisma – ha davvero quasi schivato a forza il successo pur di non togliersi il piacere di vivere come preferiva. Anche Will Oldham è così. Così intransigente nel suo modo prioritario di far musica personale, con ombre, luci e zero ammiccamenti.

E anche Will è un po’ “morto” quel 6 aprile del 2016 perché per lui, Haggard, è stato una specie di totem. Un dio pagano cui rivolgersi. Un riferimento musicale ed esistenziale. Da qui la scelta di pubblicare Best Troubador, diciassette canzoni pescate dall’immenso archivio sonoro (ben 49 album) di Merle Haggard e interpretate alla maniera del Principe con l’avvallo di diversi duetti e di una squadra robusta di collaboratori.

Le canzoni di Merle, cantate da Billy, riconducono alla pancia di un’America rurale, triste, tenera, in attesa di qualcosa e nel tentativo di stigmatizzare l’assenza di qualcos’altro. È il tripudio del country terroso, delle chitarre che sanno di erba fresca, del folk crepuscolare. Billy non è il solito Billy, forse troppo emozionato nell’interpretazione di queste pietre miliari del genere, forse troppo rispettoso. La sua voce è meno amara, meno complessa. È un fan che canticchia i passi della sua giovinezza. È l’amico che al funerale si mette in disparte.

Le canzoni di Haggard, quindi, non vivono della normale vivacità portata dall’effetto cover. Ma forse era l’unico modo che Oldham conosceva per omaggiare il suo mentore: provando a sostituirlo mestamente nella riproduzione fedele della sua musica.

(2017, Drag City)

01 The Fugitive
02 I’m Always On A Mountain When I Fall
03 The Day The Rains Came
04 Haggard (Like I’ve Never Been Before)
05 I Always Get Lucky With You
06 Leonard
07 My Old Pal
08 Roses In The Winter
09 Some Of Us Fly
10 Wouldn’t That Be Something
11 Pray
12 That’s The Way Love Goes
13 Nobody’s Darling
14 What I Hate (excerpt)
15 I Am What I Am
16 If I Could Only Fly

IN BREVE: 2/5