Home RECENSIONI Cannibal Corpse – Red Before Black

Cannibal Corpse – Red Before Black

I Cannibal Corpse sono una vera istituzione. Quando ancora le differenze sostanziali in ambito estremo erano solamente attitudinali e riservate agli addetti ai lavori, i Cannibal Corpse e una manciata di altri esponenti (Suffocation, Deicide) in una pionieristica anticipazione dei 90s aggredirono il mercato americano con sound che non era assolutamente preventivabile per complessità tecnica, impatto e violenza sonora. Le folli tematiche gore e gli artwork più scandalosi che potessero essere anche solo immaginati completarono il mondo malato e oltraggioso dei cinque basati a Buffalo, che in una rapidissima escalation arrivarono con precocità nel 1992 a comporre il disco che è LA pietra miliare del brutal death, “Tomb Of The Mutilated”. Da quel lavoro basilare sono passati 25 anni, qualche cambio di line-up e uno sviluppo del sound più propenso a limare spigoli che a tentare alcuna sorta di evoluzione. Nonostante ciò, la dedizione dei ‘Corpse e l’innegabile qualità perseguita lungo tutta la carriera li ha portati, non senza qualche lieve battuta d’arresto, a pubblicare in questo 2017 il loro full length numero 14.

Red Before Black è figlio di un periodo particolarmente fruttifero per il death metal più “classico”; in un anno che ha visto Immolation, Obituary, Suffocation e Dying Fetus sparare fuori lavori di tutto rispetto, la parola chiave parrebbe essere persistenza. Differentemente da quanto ci ha potuto mostrare il backgroud black, il death metal continua a soffrire un deciso blocco creativo, tra ultra tecnicismi fini a se stessi e decine di uscite senza particolare mordente. Che sia il timore di osare qualcosa in più o un’effettiva presa di coscienza sulle possibilità future della musica più violenta del pianeta ancora non ci è dato saperlo, ma se anche i Nile hanno castrato la propria inventiva per approdare a un approccio conservativo, qualche dubbio è purtroppo lecito porselo. Come biasimare dunque una ensemble, che da così tanto tempo si identifica nella propria formula di brutalità, dal produrre un album che ancora più che in passato risulta auto citazionista e idealmente nostalgico.

C’è tanto del primitivo approccio in “Red Before Black”: l’ottima opener Only One Will Die e la successiva title track sono materiale più vicino agli esordi di quanto possa apparire a un primo fugace ascolto. Il riffing di matrice thrash (Slayer su tutti) è un chiaro riferimento al primo “Eaten Back To Life” (1990) e il lavoro scorre cattivo e quadrato tra eccellenze (Shedding My Human Skin) e qualche passaggio più scontato (Code Of The Slashers). Firestorm Vengeance è devastante esempio di songwriting esperto e presenta alcune tra le più belle architetture ritmiche mai composte dal duo Mazurkiewicz-Webster, asse che continua a dettar legge nella costruzione di arrangiamenti complessi ma coerenti con la propria natura.

Questo “Red Before Black” è un LP lungo e incessante. La qualità media è buona ma come preventivato non aggiunge molto e nulla toglie a una carriera che prosegue su binari ben tracciati e fin troppo sicuri. Un brano in particolare alza il livello dell’insieme e in fin dei conti risulta forse l’unico episodio che vivrà di una longevità tutta sua: Scavenger Consuming Death è una composizione di primordine e già pronta per essere un sicuro classico nelle scalette dei cannibali americani. Le forme proposte sono una contrapposizione ben definita tra linee thrash e death, ma di quello antico e strutturato, a ribadire il concetto che per i ‘Corpse la rivisitazione non è nulla di negativo e la loro regolarità potrà essere carburante per proseguire ancora tanti anni a offrirci del sano brutal death.

(2017, Metal Blade)

01 Only One Will Die
02 Red Before Black
03 Code Of The Slashers
04 Shedding My Human Skin
05 Remaimed
06 Firestorm Vengeance
07 Heads Shoveled Off
08 Corpus Delicti
09 Scavenger Consuming Death
10 In The Midst Of Ruin
11 Destroyed Without A Trace
12 Hideous Ichor

IN BREVE: 3/5

Da sempre convinto che sia il metallo fuso a scorrere nelle sue vene, vive la sua esistenza tra ufficio, videogames, motociclette e occhiali da sole. Piemontese convinto, ama la sua barba più di se stesso. Motto: la vita è troppo breve per ascoltare brutta musica.