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David Bowie – Lodger

Nello stesso periodo della registrazione di Lodger, unanimemente considerato terzo album della cosiddetta “trilogia” berlinese, fiorivano gruppi musicali formati da ex-ammiratori di Bowie, i quali esploravano sonorità elettroniche che rasentavano la stessa cupezza presente in “Low”, ma “Lodger” è un album diverso da “Low”, diverso da “Heroes”. E’ un album che azzarda voli pindarici e che osa sperimentare con etnicismi e suoni esotici ricorrenti in quasi tutti i brani, quasi un antesignano del cosiddetto “world beat”, che fu poi portato avanti da musicisti interessati al multiculturale, come Brian Eno e Peter Gabriel. La registrazione fu effettuata fra Montreaux e New York nelle pause del tour “Stage” che portò Bowie e i suoi musicisti in giro per quasi tutto il 1978. Ancora una volta fu coinvolto Eno come mago dei sintetizzatori e supervisore per i sessionmen, ma il suo contributo è più labile, si fa sempre più scarno fino a non avvertirsi più. L’apporto di Tony Visconti piuttosto fu fondamentale, così come le prestazioni del chitarrista Adrian Belew, poi unitosi ai riformati King Crimson. Il musicista americano, che faceva parte della crew dello “Stage Tour”, eseguì in studio delle improvvisazioni sulle musiche già pronte, ottenendo risultati spiazzanti, suoni che stridono fra loro, forse simbolici dei malesseri che serpeggiavano nell’animo di David all’epoca. In realtà, “Lodger” non è un’opera triste o pessimista, perlomeno non nei testi: politica contemporanea, impressioni di viaggi, geografia mondiale, istantanee di vita comune sono le tematiche generiche messe nelle liriche. Se Fantastic Voyage tratta con preoccupato sarcasmo del pericolo nucleare, African Night Flight è il ricordo scombinato di un safari in Kenya; Yassassin, titolo preso in prestito dalla lingua turca (significa “lunga vita”, com’è specificato sulla copertina) ma musicato su ritmo reggae, prende spunto da episodi di razzismo avvenuti contro i vicini di casa turchi a Berlino (sebbene Bowie non vi abitasse più, preferendo dividersi fra la Svizzera e New York), mentre Red Sails ha un ritornello da coro cinese su base elettronica mutuata da quello che è volgarmente chiamato kraut-rockRepetition affronta il tema delle violenze domestiche viste dal punto di vista distaccato di un marito fallito e D.J. polemizza sulla diffusa discomania che proclamava i disc jockey nuovi capitalisti delle classifiche. Ci sono anche paletti collegati al passato come“Look Back In Anger, storia di un’allucinazione mortale, che richiama il Bowie depresso e autodistruttivo di “Station To Station” o Boys Keep Swinging, confusionario brano di formazione dall’andamento proto-punk – pubblicato come primo singolo – che ritrova la grinta adolescenziale. C’è spazio in “Lodger” anche per una rivisitazione: si tratta di Red Money, che era in origine un vecchio pezzo scritto per Iggy Pop (“Sister Midnight”) e propone la tematica del cambiamento, tratto distintivo dell’arte di Bowie, come assunzione e accettazione delle proprie responsabilità. E’ un album diverso, “Lodger”, è la capsula di una nuova maturazione che prende le distanze dalla civiltà circostante (”Pensi che sia facile, il realismo?”, da “D.J.”) e la analizza con occhio critico e spirito fatalista (”Sembrava come un altro giorno in cui potevo volare fino all’occhio di Dio lassù”, da “African Night Flight”).

(1979, RCA)

01 Fantastic Voyage
02 African Night Flight
03 Move On
04 Yassassin
05 Red Sails
06 D.J.
07 Look Back In Anger
08 Boys Keep Swinging
09 Repetition
10 Red Money

A cura di Paola Villani