Home RECENSIONI David Bowie – Scary Monsters (And Super Creeps)

David Bowie – Scary Monsters (And Super Creeps)

Dopo la rinascita personale dovuta alla disintossicazione progressiva iniziata già tre anni prima, all’inizio del 1980 David Bowie si ritrovò ad affrontare due avvenimenti che influirono sulla lettura dell’esistenza e sul modo di scrivere le sue canzoni: il divorzio dalla moglie Angela, conclusosi in modo abbastanza traumatico, e la riscoperta della paternità grazie all’affidamento del figlio Zowie, detto Joey. Così, nella composizione del nuovo disco, durata fino all’autunno, l’artista inglese fece confluire molti elementi del proprio vissuto, come ad esempio il bisogno di tornare alla maschera e all’interpretazione mediatica, dopo aver sospeso il culto dell’apparenza con gli ultimi tre lavori. La fenomenologia della battaglia fra i demoni interiori assume la forma di un Pierrot o clown malinconico ed incredulo che interpreta una sequenza mimica immortalata nelle sette varianti di copertina realizzate dalla cooperazione artistica di Duffy e Edward Bell. Sembra, dunque, un ritorno alle passioni di dieci anni prima, ma rivedute e corrette in conformità agli stati d’animo coevi. Dalle liriche apparentemente non sense emergono sentimenti di sgomento che si materializzano visivamente nei “mostri spaventosi e superbrividi” della title-track, ma Scary Monsters è soprattutto un’opera colma di riferimenti al passato musicale di Bowie. Vediamo quali. Innanzitutto, nel brano più sofisticato, “Ashes To Ashes”, sono presenti citazioni autoreverenziali che rinviano a “Space Oddity” e al primo alter ego inventato dal giovane David, Major Tom, il quale, tuttavia, si è smarrito nello spazio e nel tempo come uno spettro tanto da meritarsi un’elegia simbolica (“Cenere alla cenere, funk al funky, sappiamo che Major Tom è un tossico, perso nell’alto dei cieli e depresso da tanto tempo”). In secondo luogo, nel grande successo “Fashion”, che in qualità di singolo ebbe molta fortuna sulle piste da ballo, Bowie cita, The people from bad homes, ossia il titolo di un disco di Ava Cherry al quale egli stesso aveva collaborato. Brani come “Up The Hill Backwards” e “Scream Like A Baby” ricordano vagamente le sonorità di “Aladdin Sane” e “Diamond Dogs”. Infine, “It’s no game”, proposta in due versioni come introduzione e come clausola (la prima parte inserisce nella lirica anche le strofe tradotte in giapponese e cantate dalla corista Michi Hirota), rielabora in alcuni punti le liriche di un vecchio brano di Bowie, “Tired of My Life”. La critica ai violenti comportamenti politico-sociali coevi presente nel brano (“Essere insultati da questi fascisti è così degradante”), sembra fare ammenda per le esternazioni estremiste fatte qualche anno prima. Infatti, non si può dimenticare l’episodio avvenuto nel maggio 1976, allorché Bowie, saturo di paranoia e droghe, si permise di alzare il braccio nel saluto romano alla stazione di Londra per omaggiare la folla che lo acclamava. Nello stesso anno, le dichiarazioni conservatrici e razziste di Eric Clapton avevano portato alcuni artisti ad una mobilitazione pubblica sublimatasi nell’organizzazione di “Rock Against Fascism”, sorta di manifestazione-concerto militante per il quale si schierarono i Clash, le Slits, Tom Robinson, gli Sham 69. Con “It’s no game”, dunque, Bowie intende prendere le distanze da qualsiasi movimento politico, ma ribadisce una presa di coscienza umana e dignitosa della propria autostima, messa a dura prova da diversi fattori esistenziali. Bowie intende scostarsi anche dal movimento-costola della new wave inglese, allora nascente, rappresentato dai cosiddetti “new romantics”, i cui esponenti più significativi (Simple Minds, Psychedelic Furs) gli dichiaravano un’ammirazione incondizionata. Sia nel testo di “Fashion” che in quello di “Teenage Wildlife” (“Sento di essere l’unico ad appartenere a un gruppo… Non possono farmi questo. Io non sono un pezzo di quella fauna di giovinastri”), David rimarca di non volere alcuna patria potestà sulla nuova musica e tendenza modaiola, salvo poi farsi convincere dal chitarrista Carlos Alomar a realizzare la cover di “Kingdome Come” di Tom Verlaine. Grande merito per la riuscita di “Scary Monsters” va ascritto alla produzione di Tony Visconti, al ritorno di Robert Fripp alle chitarre in più della metà delle tracce ed alla guest star Pete Townsend, chitarrista degli Who, che offre il suo supporto per “Because You’re Young”.

Nota 1: una ristampa dell’album del 1992 contiene quattro tracce aggiuntive: un rimaneggiamento di “Space Oddity”, oltre a “Panic In Detroit”, “Crystal Japan” ed il classico di K. Weill “Alabama Song”.

Nota 2: nel video di “Ashes To Ashes”, promosso agli inizi del 1981 dalla neonata emittente tematica MTV, Bowie indossa il costume da Pierrot e appare accanto ad una donna anziana che tutti scambiarono per sua madre. Nessuno smentì, ma è oggi appurato che non si trattava affatto di Peggy Jones.

(1980, RCA)

01 It’s No Game (N° 1)
02 Up The Hill Backwards
03 Scary Monsters (And Super Creeps)
04 Ashes To Ashes
05 Fashion
06 Teenage Wildlife
07 Scream Like A Baby
08 Kingdom Come
09 Because You’re Young
10 It’s No Game (N° 2)

A cura di Paola Villani