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Death Grips – Bottomless Pit

bottomlesspitNo, sul serio ragazzi. Sono tornati quei tizi che hanno messo un pene con sopra scritto il titolo dell’album in copertina? Quelli che hanno fatto inalberare Trent Reznor per essersi sciolti nel bel mezzo di un tour gigantesco coi Nine Inch Nails? Gli stessi che, con tutto il bene del mondo, sembravano avere già dato il meglio con gli imprescindibili “Exmilitary” e “The Money Store”? I paladini dell’hardcore hip hop che parevano ormai destinati solo alle scandalistiche cronachette indie globali? Loro, proprio i Death Grips. Band irrinunciabile che piaccia o no, tornata con grande smalto ai livelli che le dovrebbero sempre competere. Perché Bottomless Pit, diciamolo subito, è la cosa migliore del duo dal non troppo lontano 2012: un avanzamento da annoverare, senza dubbio alcuno, tra gli highlight di sicura memoria per l’anno in corso.

Prendetevi tre minuti per ascoltare la traccia d’apertura: Giving Bad People Good Ideas. La velocità e la rabbia dei Converge unita a un refrain da spot commerciale, un pezzo brutale che suona come il Mike Patton dei primissimi Mr. Bungle sotto una dose massiccia di speed dentro un episodio di Game Of Thrones (o un film di Haneke, a scelta). C’è in questa release una sorta di compendio del meglio delle precedenti, unita a una parvenza di raziocinio strutturale che, per una delle formazioni più anarchiche del decennio, è una notizia da salutare con gaudio.

Intendiamoci: la cattiveria di MC Ride e Zach Hill è immutata, ma sembra in qualche modo esser passata – complice anche la durata dell’opera – la cieca, ossessiva mattanza. Si va dall’inedita docilità IDM di Eh alla più classica gang bang acido-industriale di 80808, senza dimenticare pezzoni ibridi come Bubbles Buried In This Jungle o Houdini. Con l’omonima Bottomless Pit, infine, termina un viaggio al termine della notte così com’era cominciato: all’insegna di chitarre elettriche avariate, qui incancrenite da scaglie electro e la solita – marchio di fabbrica – pruriginosa collera infernale.

Nati per essere più che altro odiati o amati, i Death Grips confermano, con un pizzico d’inaspettata e stravagante saggezza, che non si può prescindere dalla loro discografia se si vuol fare i conti col rap del nuovo millennio. Laddove i sempre vivi Dälek o gli scientifici Clipping tengono alto il vessillo filologico della sperimentazione e Mr. Kendrick Lamar riscrive i canoni neoclassici della West Coast, ai due di Sacramento il compito di essere schegge impazzite e centrare, di tanto in tanto, l’obiettivo. Con la differenza che quell’unico punto a bersaglio continuerà sempre a scrosciare, per la gioia delle orecchie, in maniera pressoché assordante.

(2016, Third Worlds / Harvest)

01 Giving Bad People Good Ideas
02 Hot Head
03 Spikes
04 Warping
05 Eh
06 Bubbles Buried In This Jungle
07 Trash
08 Houdini
09 BB Poison
10 Three Bedrooms In A Good Neighborhood
11 Ring a Bell
12 80808
13 Bottomless Pit

IN BREVE: 4/5