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Deftones – Koi No Yokan

Mi tiro ufficialmente fuori dal club degli scettici e dei catastrofisti. Ecco, consegno qui la mia tesserina, scioglietela nell’acido. Me ne vado dal circolo, ma, alt!, non mi rimangio una sola sillaba. “Saturday Night Wrist” rimane moscio e privo di ispirazione, tenuto in vita solo da “Beware” e altri due episodi. “Diamond Eyes” non ha superato la prova del tempo e paga un’opacità di fondo perdonata dall’emotività che ha spinto la band dopo la disgrazia accorsa a Chi Cheng nel novembre del 2008. Però Koi No Yokan fuga ogni dubbio sullo stato di salute, fisico e psichico dei Deftones, i quali uniscono la sensibilità melodica della pietra angolare “White Pony” alle botte più muscolari dell’eccelso omonimo lavoro del 2003. Non ci sono grandi rivoluzioni, tanto meno evidenti evoluzioni, il sound Deftones è ormai bello e definito ma a ridargli smalto è oggi il tocco magico di un’ispirazione pura. A lasciarmi a bocca aperta è Chino Moreno, tornato a livelli tecnici stellari e capace di decollare verso picchi emo-core strabilianti (Leathers) o farsi autoritario e micidiale (Tempest, perla assoluta del disco) o contrarsi e distendersi come un elastico (Graphic Nature). Anche Stephen Carpenter risorge dopo quasi dieci anni di lame spuntate e colpi male assestati: con la precisione e l’istinto omicida di un chirurgo serial killer spara fuori il meglio dalla paletta della sua chitarra e già l’attacco al fulmicotone di Swerve City chiarisce come stanno le cose. I tratti più riflessivi di “Koi No Yokan” emergono con le inflessioni alla Team Sleep di Entombed e What Happened To You?, che trasmettono l’indole da ballata a Rosemary, che però la rivolta con un imponente muro di elettroni. Gli assalti a volto scoperto non latitano, Poltergeist mette a ferro e fuoco la stanza con un terremoto post-hardcore, Goon Squad richiama il vecchio spirito “nu” evocando i primi Korn. Apparentemente destinati a un finale di carriera che poteva farsi indecoroso e costellato da canzoni castrate e prive di una decente vena creativa, i Deftones, forse mossi dall’orgoglio e dalla forza di volontà che discrimina i gruppetti dalle Grandi Band, risalgono la china e risollevano le proprie quotazioni nell’universo del Rock, sempre più povero di assoluti protagonisti. Anche in me quindi sorge lo stato emotivo racchiuso nel titolo, la consapevolezza di innamorarmi (nuovamente e) inevitabilmente della loro ottima musica.

(2012, Reprise)

01 Swerve City
02 Romantic Dreams
03 Leathers
04 Poltergeist
05 Entombed
06 Graphic Nature
07 Tempest
08 Gauze
09 Rosemary
10 Goon Squad
11 What Happened To You?

A cura di Marco Giarratana