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Dirty Three – Toward The Low Sun

“Shhh, fai piano, c’è Nick che dorme, non svegliamolo”: avrà pensato questo Warren Ellis rispolverando i suoi Dirty Three dopo ben sette anni dall’ultimo “Cinder”. Sette anni in cui il suo violino ha accompagnato fedele tutte le diavolerie impazzite di Nick Cave. Nell’ultimo lustro e mezzo, dal pentolone del baffuto satanasso Mr. Caverna, sono usciti l’ultimo capitolo dei Bad Seeds (“Dig!!! Lazarus Dig!!!” Del 2008), tutta la lercia saga dei Grinderman, ma anche le due splendide colonne sonore a quattro mani (“L’assassinio di Jesse James” e “The Road”). Tanta tanta roba davvero. E ora che lo Zio Nick in chissà quali porti veleggia, Warren ne ha approfittato per tornare allo “sporco trio” con un disco dal titolo assolutamente splendido: Toward The Low Sun, qualcosa tipo “in direzione del sole basso”, che è esattamente dove si dirigono i Tre in queste nove canzoni strumentali. Qui non c’è l’enfasi del post rock, né l’artificio del jazz. Non c’è neanche la prosopopea di certo strumentalismo di ultimo pelo. “Toward” fa tornare i Dirty Three allo spolvero d’un tempo grazie a suite crepuscolari, melanconiche allo stesso modo di una valigia mai disfatta dopo un lunghissimo viaggio. E non fatevi ingannare dall’inizio muscolare di Furnace Skies, né dal chitarrismo delirante di That Was Was. Il nuovo viaggio sonoro del trio Ellis-Turner-White è inquieto e onirico come la copertina che ricorda Chagall (molto colorata come di consueto per i DT) e con la consueta capacità di musicare piccoli film immaginari. Esempi su tutti? La splendida Moon On The Land, la tristissima Sometimes I Forget You’ve Gone (titolo che solo a leggerlo e rileggerlo stringe il cuore), Rain Song e poi The Pier (il molo) che riporta i Tre a muoversi liberi nelle acque di quel “Ocean Songs” campionissimo nella recente storia del rock liquido. Dunque un disco febbrile questo “Toward The Low Sun”, un disco che scoppietta di suoni, col tintinnio delle bacchette, il riverbero della chitarra, il lamento del violino, l’eco del pianoforte, jazzamente slegato, meravigliosamente profumato, tostatura ideale per accompagnare una lunga notte di contemplazione.

(2012, Drag City)

01 Furnace Skies
02 Sometimes I Forget You’ve Gone
03 Moon On The Land
04 Rising Below
05 The Pier
06 Rain Song
07 That Was Was
08 Ashen Snow
09 You Greet Her Ghost

A cura di Riccardo Marra