Home RECENSIONI Julien Baker – Sprained Ankle

Julien Baker – Sprained Ankle

sprainedankleJulien Baker ha 19 anni. Uno in più del suo più semplice corrispettivo europeo, SOAK, che scrive canzoni dall’altra parte del mondo. Quello vecchio per definizione, oggi impaurito, inerme, sconvolto.  Julien – dicevamo – è una ragazza statunitense ancora teenager. È cresciuta a Memphis, nel Tennessee, per intenderci la città di Johnny Cash, Elvis Presley, Aretha Franklin e Jeff Buckley. Sprained Ankle è il suo esordio.

Nove brani dediti al cantautorato sadcore/lo-fi, per una durata complessiva di poco superiore ai trenta minuti. Un prodotto confezionato a puntino, ben costruito e ben scritto, abbandonato com’è al suo look dichiaratamente “plain & simple” – a partire dalla copertina, che mostra la giovanissima cantautrice in un sorriso quasi imbarazzato. Facile immaginare possa conquistare, com’è anche corretto che sia, un pubblico di coetanei perennemente orfani di una voce. Facile anche possa trasversalmente appagare ascoltatori di tutte le età, capaci magari di fare un passo indietro negli anni e ricordare com’è che si sentivano, quando la soglia dei vent’anni era dietro la porta e si correva incoscientemente verso le miserie dell’età adulta.  «I rejoice and complain, I never know what to say», urla la Baker in Rejoice, piccolo manifesto di un album certamente acerbo, ma indubbiamente poco pretenzioso e con una baldanza prossima allo zero.

La title track Sprained Ankle, non a caso anche singolo di lancio, segna con pochi margini di errore la tacca più alta dell’intero lavoro assieme alla Torres-iana Brittle Boned. Se Something può assurgere al ruolo di pezzo più radio friendly, la conclusiva Go Home è di sicuro l’apice confessionale e anche un po’ sconsideratamente teen del lotto. Ma non ce la prendiamo.

Julien è una giovanissima songwriter messasi a nudo senza pensare che forse, là fuori, c’era un mondo d’irreprensibili sciacalli pronti a sbranarla. La verità è che dischi del genere probabilmente non ti salvano la vita, a meno che non sia stato tu ad averli scritti. Ma certamente, se li ascolti bene e con un po’ di criterio, hanno buonissime chance di salvarti quantomeno un’apatica serata.

(2015, 6131)

01 Blacktop
02 Sprained Ankle
03 Brittle Boned
04 Everybody Does
05 Good News
06 Something
07 Rejoice
08 Vessels
09 Go Home

IN BREVE: 3/5