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Kasabian – 48:13

4813Per questo 48:13, loro quinto lavoro in studio, i Kasabian hanno messo in piedi una campagna di lancio dall’impatto assicurato: titolo enigmatico (rivelatosi poi la durata totale delle 13 tracce che compongono il disco), indizi sparsi tramite murales, ospitate in ogni pertugio disposto a riceverli, anticipazioni varie, corse in tram fucsia e chi più ne ha più ne metta. Megalomani? Forse un po’, ma erano le circostanze a richiederlo, il momento topico della loro carriera.

Il punto è che, a parte le impeccabili strategie di marketing, i Kasabian hanno tirato fuori dal cilindro l’album che ci si aspettava da loro oggi, ora che lo scettro da regnanti del nuovo rock britannico era davvero a portata di mano: prendi Eez-eh, primo singolo estratto, confezionato per le radio come neanche la miglior “What Is Love” di Haddaway (e non è un caso che si citi un brano simbolo della dance anni ’90), perfetto manifesto dell’attuale dimensione della band, punto d’incontro fra il rock e l’elettronica. Acido (e fa il paio con l’artwork), ficcante, a tratti anche tamarro, ma il risultato è un innegabile colpo da 10.

La lode arriva ascoltando il resto di un album in cui convivono anime fra le più disparate: mettono dentro la solita ballatona accendi-zippo (la conclusiva S.P.S.), poi è un tripudio di spunti à la Primal Scream mischiati a chitarre di matrice hard rock (Bumblebeee), inserti rap che a primo acchito sembrano stonare ma poi si rimettono subito in riga (Glass), lunghe divagazioni elettroniche (oltre la metà dei quasi sette minuti di Treat), rimandi al brit rock degli esordi (Stevie) e un utilizzo dei synth a metà strada fra il “sappiamo perfettamente cosa stiamo facendo” e il “cazzeggiamo un po’ senza dare nell’occhio”.

Raccontato così, il disco potrebbe anche sembrare un’accozzaglia di roba appiccicata malamente insieme, invece “48:13” suona incredibilmente compatto ma variopinto, ricercato nelle sue ibridazioni ma ammiccante nei confronti dell’easy listening, dalla presa immediata ma non per questo banale. Insomma, Pizzorno, Meighan e gli altri hanno fatto definitivamente centro in un mondo, quello dell’electro-rock da classifica, che necessitava dei timonieri e che pare proprio averli trovati.

(2014, Sony)

01 (Shiva)
02 Bumblebeee
03 Stevie
04 (Mortis)
05 Doomsday
06 Treat
07 Glass
08 Explodes
09 (Levitation)
10 Clouds
11 Eez-eh
12 Bow
13 S.P.S.

IN BREVE: 3/5