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King Buzzo – This Machine Kills Artists

thismachinekillsartistsSe c’è uno che non ha mai fatto difetto in quanto a prolificità compositiva questo è senza dubbio Buzz Osborne: negli oltre trent’anni alla guida dei suoi Melvins ha partorito una quantità tale di album, EP, live e materiale vario da fare invidia a chiunque altro si sia mai cimentato nella stessa arte. Con tanti alti (diciamolo: i testi sacri del genere sono suoi) e qualche basso (diciamolo: comunque meglio di tanta altra robaccia spacciata per buona).

Ciò che gli era mancato fino a questo momento era l’avventura in solitario, il classico disco solista del leader di una grande band, la dimostrazione di saper fare anche dell’altro. This Machine Kills Artists, però, non raggiunge in pieno l’obiettivo, avendo più le sembianze dello sfizio, dell’esercizio di stile, che quelle dell’ispirata esperienza cantautorale.

Le diciassette tracce – davvero tante, troppe – che compongono il disco, tutte dalla brevissima durata, altro non sono che brani dei Melvins (e non ci stupiremmo di scoprire, prima o poi, che trattasi proprio di tagli dai dischi della band) ripuliti dalla sessione ritmica pulsante di Crover e da un po’ di quell’aggressività caratteristica di Osborne e soci.

Buzz ci dà dentro con la sua sei corde acustica come se fra le mani avesse una motosega, non è uno che ha mai lavorato di fioretto, ma a mancare sono i brani, nel senso che di spunti davvero degni di nota non riusciamo a scovarne neanche uno. Il suo cantato è sempre a livelli da ospedale psichiatrico e la cosa non contribuisce a rendere particolare il disco, mentre il songwriting non si discosta anch’esso poi tanto da ciò cui Osborne ci ha abituati nelle ultime tre decadi.

Sì Buzz, la chitarra acustica sai maneggiarla, non avevamo mai messo in discussione la cosa, ma da qui a cucirsi addosso l’abito del cantautore ne passa, serve dell’altro di cui “This Machine Kills Artists” è piuttosto privo. Rimandato a Settembre, in senso scolastico ma anche con riferimento alle tre date che terrà nel nostro Paese quel mese: magari dal vivo mostrerà un’insperata verve waitsiana.

(2014, Ipecac)

01 Dark Brown Teeth
02 Rough Democracy
03 Laid Back Walking
04 Drunken Baby
05 Vaulting Over A Microphone
06 New River
07 The Vulgar Joke
08 Everything’s Easy For You
09 The Ripping Driving
10 How I Became Offensive
11 Instrument Of God
12 The Spoiled Brat
13 Illegal Mona
14 Good And Hostile
15 The Blithering Idiot
16 Useless King Of The Punks
17 The Hesitation Twist

IN BREVE: 2/5