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Lambchop – Mr. M

Comprai “Nixon”, album capolavoro dei Lambchop, subito dopo averne letto la recensione come miglior album dell’anno 2000 su Uncut. Al primo ascolto, come tutte le opere di Kurt Wagner, lo trovai gradevole ma non eclatante, ma ad ogni ascolto successivo l’amore per questo signore di Nashville è cresciuto sempre più; perchè Wagner non è la biondona californiana che ti fa cadere immediatamente la mascella a terra e ti fa scendere un rivolo di bava all’angolo del labbro inferiore, Wagner è la ragazza del tuo paese, simpatica, colta, intelligente e di bell’aspetto, che possibilmente ogni tanto ti fa girare le palle. Stravolto il processo compositivo usuale della band di Nashville, improntato su un approccio prettamente “live” della registrazione dei pezzi (con l’infinità di musicisti che ha reso il suono soul-country dei Lambchop quello che conosciamo), Wagner si fa influenzare dal meraviglioso Sinatra di “September Song”, o meglio dal grandioso arrangiatore Axel Stordahl, che accompagnò Frankie Occhi Blu nel suo lavoro con la Columbia Records negli anni ’40, e adotta un metodo particolarmente antico di far musica, che coinvolge un arrangiatore: Mark Nevers, già membro della band ed ora produttore di successo, l’uomo che ha voluto questo disco – per Wagner l’avventura Lambchop era già conclusa, a quanto pare. In tutti i casi, il risultato, dedicato all’amico Vic Chesnutt, morto (suicida?), è grandioso come sempre. Mr. M si apre con “some casual cursing”, dice il comunicato stampa della City Slang, che sarebbe ‘na brutta parola, e con gli archi di cui si parlava, che sembrano molto più Sam Cooke in “A Change Is Gonna Come” che Sinatra (If Not I’ll Just Die). Ma del resto questo ha molto a che fare con Kurt Wagner, che non ha la potente presenza marlonbrandiana di Frankie Occhi Blu, ma sembra piuttosto un Bowie timido nel suo crooning delicato. Il consueto procedere che bilancia un jazz swingato con il soul ed echi del country della natia Nashville, prendendo i modi dall’altra attività che impegna Wagner, la pittura, non è una sorpresa. Sorprendente è invece la perfezione di questa ennesima prova della band di Nashville; sarà quasi sicuramente l’ultimo, a dire di Wagner. Per quanto riguarda chi vi scrive, l’avventura Lambchop è stata assolutamente perfetta; l’unica altra avventura caratterizzata da questo tipo di infallibilità è stata quella di un gruppo assolutamente opposto ai Lambchop, i devastanti Jesus Lizard, i quali rovinarono l’aura di infallibilità cercando d’essere qualcosa che non erano (una band da major label) facendo due album non brutti, ma senz’altro sottotono. Beh, in questo caso non ci sono stati passi falsi e si potrebbe chiudere la carriera con la parola “love”, che conclude la stupenda Never My Love, incredibile pezzo per chitarra acustica e archi che è anche l’ultimo pezzo dell’album. Meglio di così?

(2012, City Slang / Merge)

01 If Not I’ll Just Die
02 2B2
03 Gone Tomorrow
04 Mr. Met
05 Gar
06 Nice Without Mercy
07 Buttons
08 The Good Life (Is Wasted)
09 Kind Of
10 Betty’s Overture
11 Never My Love

A cura di Nicola Corsaro