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Primus – Green Naugahyde

Il nuovo disco dei Primus lo si attendeva subito a ridosso di “Animals Should Not Try To Act Like People”, saggio di estro su breve distanza del 2003. Trascorsi un paio d’anni, però, quasi tutti ci eravamo dimenticati dell’opportunità di ascoltare nuove canzoni raggruppate in un’opera, stavolta di durata ben più corposa. E’ per questo che Green Naugahyde è una sorpresa a scoppio ritardato. Semplicemente, nessuno se l’aspettava più. Les Claypool ha riordinato la questione Primus rimpiazzando il fuggitivo Tim Alexander con Jay Lane, già batterista della combriccola tra l’88 e l’89. Pensare ai Primus senza il basso saltellante ed elastico, senza i ritmi singhiozzanti o le bizzarre storielle di cui il timbro nasale di Claypool è narratore equivarrebbe a immaginare qualcosa che sta al di là dei confini della band. Insomma, si sognerebbe Altra Musica. “Green Naugahyde” suona quindi come deve suonare un album del trio californiano: storto e ludico, a momenti surreale. I ricami cervellotici del basso esalano i fumi degli anni Novanta, l’economia sonora dei Primus si fonda ancora su quell’equazione che da ben ventisette anni è portata avanti con coerenza, in barba alla spietata rapidità con cui lo scenario musicale globale cambia da un anno all’altro. Per questo “Green Naugahyde” tenta di ritagliarsi un quadratino di spazio all’interno di un tempo che non è più il suo. Fatta questa precisazione, si deve scendere nel dettaglio di un lavoro composto da tasselli di pregevole fattura. Hennepin Crawler e Last Salmon Man (“Here Comes The Bastard” fa ciao ciao con la manina da laggiù) sono la doppietta che tutti i fan volevano per iniziare a pasteggiare. La voce di Les è spesso trasfigurata, le melodie sono involute e un mero accessorio a differenza di quelle di “Antipop”, la prova paradossalmente più pop e accessibile del gruppo. La resurrezione primusiana si incarna però in guizzi di stile come Tragedy’s A’ Comin, che è un pruriginoso fusion-rock da ondeggiamenti pelvici o la mantrica Eyes Of The Squirrell, o ancora la densa penombra di Jilly’s On Smack. Poi arriva Lee Van Cleef e chi non sculetta è uno sfigato. A parte Moron Tv, altra spigolosa creatura da maneggiare con cura, “Green Naugahyde” fila liscio fino alla fine, magari senza stupire ma, nel contempo, senza provocare sbadigli. Siamo tutti d’accordo, questa è roba già nota ai nostri timpani, ma sentirla suonare con la stessa spontaneità di “Sailing The Seas Of Cheese” e “Pork Soda” ci fa tirare un vigoroso sospiro di sollievo. Guai a credere che qui si serva la consueta minestrina riscaldata.

(2011, Prawn Song Records)

01 Prelude To A Crawl
02 Hennepin Crawler
03 Last Salmon Man
04 Eternal Consumption Engine
05 Tragedy’s A’ Comin
06 Eyes Of The Squirrell
07 Jilly’s On Smack
08 Lee Van Cleef
09 Moron Tv
10 Green Ranger
11 HOINFODAMAN
12 Extinction Burst
13 Salmon Man

A cura di Marco Giarratana