Home RECENSIONI Slipknot – We Are Not Your Kind

Slipknot – We Are Not Your Kind

Davvero, oggi, nell’anno di grazia 2019, c’è ancora qualcuno che s’aspetta qualcosa, qualunque cosa, una sorpresa, una qualche suggestione accattivante, da una band come gli Slipknot? Sono stati una bomba, sarebbe inutile e scorretto negarlo, ma una bomba circoscritta a un preciso momento storico, quello a cavallo tra i due millenni in cui il nu metal sembrava poter dire la sua, prima di sciogliersi come neve al sole e finire relegato al revival.

Eppure Corey Taylor e i suoi ce li troviamo ancora qui con una fanbase imponente, se non cresciuta quantomeno stabile, con il solito teatrino delle nuove maschere, dei nuovi innesti top secret in formazione, con l’abusata storiella del “questo è il nostro miglior disco di sempre”. Conti alla mano, quant’è che gli Slipknot non tirano fuori un album degno di nota? Si torna dritti dritti al momento storico di cui sopra, al 2001 di “Iowa”, perché né “Vol. 3: (The Subliminal Verses)” nel 2004, né tantomeno “All Hope Is Gone” nel 2008 o “.5: The Gray Chapter” nel 2014 hanno saputo minimamente competere con la potenza dei primi due capitoli della saga dei mascherati. Un’inattesa svolta melodica prima, i pallidi tentati di riacquisire credibilità dopo.

We Are Not Your Kind arriva così con aspettative ridotte al minimo, ma occorre dire immediatamente che il suo quest’album lo fa con diligenza. Niente di eclatante, sia chiaro, perché in fondo gli Slipknot non fanno altro che pescare a piene mani nel loro repertorio per puntare sull’usato sicuro, ma la cosa gli riesce discretamente bene e questa è già una notizia, considerando il forte rischio flop che pendeva sulle loro teste fin da quando avevano annunciato il loro ritorno discografico.

Dicevamo che è da “Iowa” che gli Slipknot non sferrano più sganassoni degni del loro nome, e non a caso è lì che s’appigliano per dare sostanza a “We Are Not Your Kind”, con tracce come Red Flag o Orphan che se non sono una confessione poco ci manca. Se c’è un aspetto in cui gli Slipknot non hanno mai fallito, è quello di riuscire a coniugare botte da orbi e melodie d’impatto: ne è testimonianza il trittico composto dal singolo Unsainted col suo refrain spezza ossa, poi Nero Forte (che sa di già sentito più del resto ma si fa apprezzare comunque) e Critical Darling.

Il mood dell’intero “We Are Not Your Kind” è davvero scuro e angosciante, il che regala all’intera tracklist almeno un pizzico del tetro incedere del self titled e dello stesso “Iowa”, sebbene qui siano gli inserti elettronici a rendere al meglio quest’aspetto: è il caso dell’intro industriale con seguente climax nu metal di Birth Of The Cruel o, soprattutto, della lunga decompressione di My Pain che – e non guardateci storto – sembrerebbe attingere da quel pozzo di dolore che è “The Fragile”, il masterpiece dato alle stampe dai Nine Inch Nails nel 1999.

Che siano musicisti di spessore e abbiano uno stile inconfondibile è indubbio, così come lo è il fatto che Taylor possa ancora ampiamente dire la sua nelle vesti (e nella maschera, se proprio ci tiene ancora) di frontman carismatico. Ma è indubbio anche che in un ambito come quello dell’alternative metal, cui ormai da una quindicina d’anni gli Slipknot dimostrano di voler appartenere, è necessaria una ricerca un po’ meno scolastica per poter andare avanti a testa alta. Altrimenti si tratta di pura e semplice sopravvivenza nutrendosi delle briciole cadute dal tavolo.

(2019, Roadrunner)

01 Insert Coin
02 Unsainted
03 Birth Of The Cruel
04 Death Because Of Death
05 Nero Forte
06 Critical Darling
07 A Liar’s Funeral
08 Red Flag
09 What’s Next
10 Spiders
11 Orphan
12 My Pain
13 Not Long For This World
14 Solway Firth

IN BREVE: 3/5