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Still Corners – Strange Pleasures

Che negli ultimi anni le sonorità dreamy abbiano avuto una rapida escalation è un dato di fatto: vedi formazioni come i Beach House, veri e propri neo-alfieri del genere con la loro equazione perfetta fondata su un musicista che si occupa della forma e un’eterea voce femminile che bada alla sostanza espressiva. Lì c’è Victoria Legrand ad ammaliare come una sirena di omeriana memoria. Nel caso degli Still Corners, invece, c’è Tessa Murray, con ai fornelli l’abile Greg Hughes.

Già due anni fa con l’esordio “Creatures Of An Hour” il duo londinese aveva contribuito all’affermazione di questa nuova ondata dream pop, insieme al già citato combo di base a Baltimora e ad altre band come i newyorkesi School Of Seven Bells o gli inglesi Wild Beasts, giusto per citare i primi nomi che ci vengono in mente. Con questo Strange Pleasures gli Still Corners riescono a confermarsi realtà validissima, nonostante certe ambientazioni risultino ormai ampiamente abusate e il periodo sia di quelli in cui coloro che sbagliano il sophomore sono di gran lunga la percentuale più alta.

Mantenendo ben saldi i punti di forza tanto del genere quanto della propria proposta (ovvero la voce sussurrata e le atmosfere trasognate), la differenza in positivo la fa la virata verso elementi non presenti nel primo lavoro del duo: in primis l’utilizzo – seppur moderato – di strumentazione acustica, come nel caso delle chitarre dell’opener The Trip, di Going Back To Strange e di We Killed The Moonlight. Umanizzazione di un sound spesso accusato – a volte anche a ragione – di essere algido e scostante. In un colpo solo gli Still Corners spazzano via il problema affidandosi al passato che non tradisce mai piuttosto che a futuristiche diavolerie elettroniche.

In secondo luogo – ed è questo l’aspetto più interessante – la struggente malinconia eighties di “Creatures Of An Hour” viene qui mantenuta al minimo indispensabile per non allontanarsi troppo dagli stilemi del genere. Per il resto, il mood del lavoro si giova invece di un’apertura e di un respiro decisamente più luminosi, grazie a suoni sintetici meno stratificati, a un minor ricorso ai riverberi e a filtri vocali meno invadenti. Vedi episodi come la meravigliosa Beginning To Blue, Fireflies o Berlin Lovers, ritmate e melodiche grazie ad un uso dell’elettronica che punta più sui beat che su languidi inserti new wave.

A chiudere il cerchio e a testimoniare ancor di più la svolta ritmica degli Still Corners, tiriamo in ballo anche Beatcity, Midnight Drive e la title track posta in chiusura, brani a cavallo fra New Order e Depeche Mode. Accostamento magari azzardato ma che rende bene l’idea della velocità di un lavoro che, sebbene nettamente più lungo del predecessore, scorre via fluido e dinamico. “Strange Pleasures” (pubblicato per Sub Pop, guarda caso la stessa etichetta dei Beach House) dimostra così una convincente evoluzione per gli Still Corners, alla ricerca dello stesso risultato ma attraverso percorsi alternativi.

(2013, Sub Pop)

01 The Trip
02 Beginning To Blue
03 I Can’t Sleep
04 All I Know
05 Fireflies
06 Berlin Lovers
07 Future Age
08 Going Back To Strange
09 Beatcity
10 Midnight Drive
11 We Killed The Moonlight
12 Strange Pleasures