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Valet – Nature

natureC’era da aspettarselo che prima o poi sarebbe tornata sui suoi passi, lungo i suoi ipnotici territori folky dream screziati di shoegazing ad incantarci totalmente in Nowhere, a renderci nulli e inebriati da queste ballate senza corpo, da questa voce allusiva e magica che detta legge all’immaginazione.

Sulla distanza di sette anni da “Naked City”, Honey Owens – in arte Valet – rilascia un nuovo e stupendo disco, Nature, un lavoro – stando alle parole della stessa interessata – che risente di una ricerca “climatica” della propria adolescenza vissuta nel verde, otto brani che galleggiano tra ricordi e specchi lucenti. La psichedelica che l’artista dell’Oregon naviga è di quelle raffinate, un trippy melodico e persuasivo che fluttua in Sunday, dondola in Signs e accarezza le orecchie come un balsamo biologico, regno di echi, vibes, atmosfere e chitarre flatting che mettono in seria discussione l’essere ancorati alla gravita terrestre (Lion, Clouds).

L’esperienza nella musica house insieme al suo compagno di vita Rafael Fauria forse non l’ha appagata a dovere, ha sentito il forte richiamo di odori folk risaliti nelle membrane dei ricordi ed eccola ancora, di nuovo qui in quella terra di mezzo chiamata fantasia e che in “Nature” prosegue i vapori e le tenerezze di un movimento mid-spirituale che da sempre alberga nella sua anima (Transformation). Deep listening music estremamente fragile e comunicativa, sicuramente tra i dischi di settore dell’anno.

(2015, Kranky)

01 Sunday
02 Nature
03 Signs
04 Lion
05 Nowhere
06 Clouds
07 Transformation
08 Child

IN BREVE: 3/5

Giornalista e critico musicale da tempo, vivo nella musica per la musica, scrivo di suoni, sogni e segni per impaginare gli sforzi di chi dai sistemi sonori e dalle alchimie delle parole ne vuole tirare fuori il ritmo vitale dell’anima.