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Guns N’ Roses: 30 anni di Use Your Illusion I & II

Dopo tredici anni di attesa i Guns N’ Roses usciranno probabilmente a breve con un nuovo lavoro in studio: a sentire quel “riciclotto” di “Absuяd” con urla campionate di Axl Rose, direttamente provenienti dagli scarti di “Chinese Democracy” (2008), viene già il mal di pancia (per dirla in maniera molto fine). E pensare che nel Settembre del 1991 il gruppo era stato in grado di partorire non uno, ma ben due ottimi lavori distinti con appena un anno e mezzo di gestazione, e non senza difficoltà.

Tra i problemi irrisolti di Steven Adler con la droga, sostituito dopo poche registrazioni dal batterista Matt Sorum, le schermaglie con il manager Alan Niven e quelle con Izzy Stradlin, che uscì dal gruppo poco tempo dopo, l’entrata in corsa nella band del tastierista Dizzy Reed e le continue grane personali di Rose, sembra impossibile che Use Your Illusion I e Use Your Illusion II siano riusciti a vedere la luce. L’artista Mark Kostabi realizzò le copertine, differenti solo per colore, illustrandovi due personaggi presenti nell’opera “Scuola di Atene” di Raffaello Sanzio: la scelta dei soggetti e dell’uso del colore non fu casuale, data l’enfasi sul discepolo intento a scrivere e la grande quantità di tracce eterogenee e diverse da disco a disco.

I toni del primo capitolo sono più duri per la maggiore influenza di Stradlin, voce principale in Dust N’ Bones, You Ain’t The First e Double Talkin’ Jive, e la presenza di brani molto più vicini al sound delle origini come Right Next Door To Hell, Don’t Damn Me, The Garden, la cui stesura risale al 1985 e che vede la partecipazione di Alice Cooper, e la più oscura e distruttiva Coma. Ma a rimanere impresse maggiormente sono la buona cover di Live And Let Die dei Wings di Paul McCartney e le power ballad November Rain, traccia tra le più ambiziose per la sua esecuzione orchestrale e uno degli assoli più belli di sempre che valse a Slash numerosi riconoscimenti, e la versione originale di Don’t Cry, nel cui video musicale è possibile scorgere un cappellino dedicato ai Nirvana, di cui Rose era fan.

Un amore per nulla corrisposto quello di Axl nei confronti della band capitanata da Kurt Cobain, che declinerà il suo invito ad esibirsi insieme durante lo “Use Your Illusion Tour”. Tale diatriba tra i due frontman appare emblematica, se pensata in quello specifico momento della storia della musica: appartenenti a due generi musicali differenti, sleaze metal (almeno originariamente) e grunge, il primo in declino e il secondo in ascesa, entrambi sotto contratto con la Geffen, verranno alle mani un anno più tardi agli MTV Video Music Awards, in quello che può rappresentare uno scontro fisico tra la Los Angeles dorata e piena di contraddizioni e la più concreta scena di Seattle.

Il secondo disco vede invece qualche sperimentazione in più, una predilezione per le parti melodiche con una presenza più incisiva del piano e brani di diverse argomentazioni, maggiormente “politiche”, a partire dal rifacimento di Knockin’ On Heaven’s Door di Bob Dylan, la semi-ballad di protesta contro la guerra Civil War e l’asprissima invettiva contro alcuni critici e riviste musicali (con tanto di nomi per esteso) Get In The Ring.

Vi sono le derive hard rock/blues di 14 Years, cantata da Stradlin, e della classica love song So Fine dove a prendere la parola è Duff, la malinconica Yesterdays, il sitar dell’intro dell’irresistibile Pretty Tied Up (The Perils Of Rock N’ Roll Decadence), la complessa Breakdown che diede molti grattacapi alla band, in particolare a Sorum, durante le sessioni di registrazione, e di cui non si definirono mai pienamente soddisfatti, l’incalzante Locomotive (Complicity), la più famosa You Could Be Mine e uno dei pezzi più belli e profondi in assoluto, ma incredibilmente sottovalutato, ovvero Estranged.

La breve e conclusiva My World rappresenta invece la goccia che fece traboccare il vaso all’interno della band, contribuendo allo scioglimento dopo “The Spaghetti Incident?” (1993): composta soltanto da Rose, venne inserita all’ultimo in “Use Your Illusion II” all’insaputa degli altri componenti, e trattandosi di un pezzo rap realizzato con l’ausilio di synth e poco altro, rappresentò uno sgarbo in più da sommare ai rapporti già tesi tra il cantante e Slash.

Il 1991 è stato un anno cruciale per la musica, i due capitoli settembrini di “Use Your Illusion” decretarono ufficialmente la fine degli anni d’oro del glam e dell’hair metal e di tutti quei sogni che vi ruotavano intorno in termini di divertimento e spensieratezza, schiacciati nella ribelle morsa grunge del successo planetario di “Nevermind” dei Nirvana e “Badmotorfinger” dei Soundgarden, entrambi pubblicati una sola settimana più tardi, e “Ten” dei Pearl Jam, uscito alla fine di Agosto.

Di tutte quelle illusioni del passato sono rimaste delle ballate incredibili e dei riff pazzeschi, ma a volte c’è da dire che, come canta Axl in “Yesterdays”: “Yesterday, there was so many things I was never told / Now that I’m starting to learn, I feel I’m growing old / ‘Cause yesterday’s got nothing for me”. Rimuginare su ciò che è stato non serve a nulla ed è necessario andare avanti, perciò viene da chiedersi: c’era davvero bisogno di ripescare una traccia da “Chinese Democracy” dopo tredici anni, piuttosto che provare a realizzare qualcosa di davvero nuovo e fuori dagli schemi, viste le effettive capacità dimostrate in passato dalla band e l’ormai avvenuta riconciliazione tra Rose, Slash, McKagan e Reed?

DATA D’USCITA: 17 Settembre 1991
ETICHETTA: Geffen

Studentessa di ingegneria informatica, musicofila, appassionata di arte, letteratura, fotografia e tante altre (davvero troppe) cose. Parla di musica su Il Cibicida e con chiunque incontri sulla sua strada o su un regionale (più o meno) veloce.

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