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Metallica: 35 anni di Master Of Puppets

Esistono dischi che non hanno bisogno di troppe presentazioni e uno di questi è sicuramente Master Of Puppets, la terza fatica dei Metallica, monumento e simbolo del trash metal. È purtroppo anche l’ultimo album a vedere l’indimenticabile Cliff Burton al basso, morto a seguito di un tragico incidente stradale avvenuto solo sei mesi dopo la pubblicazione del disco, il 27 Settembre 1986, durante il tour promozionale in Svezia. Registrato in Danimarca agli Sweet Silence Studios e prodotto insieme a Flemming Rasmussen, l’album rispecchia la grande ambizione della band all’epoca, la quale si avvalse di tempi di lavoro più lunghi del solito al fine di ottenere qualcosa di totalmente perfetto. Il quartetto scelse di evitare un sound eccessivamente pulito e i sintetizzatori, elemento tipico degli album hard rock e glam metal di quel periodo, riservando invece una grande attenzione allo spessore e alla potenza del suono delle chitarre, cosa che da lì in avanti divenne il loro marchio di fabbrica.

Inizialmente la stesura delle liriche e la composizione dei brani coinvolsero solo James Hetfield e Lars Ulrich, motivati a cercare nuove idee dopo l’ottimo successo dei precedenti “Kill ‘Em All” (1983) e “Ride The Lightning” (1984), successivamente subentrarono anche Kirk Hammett e Cliff Burton: quest’ultimo contribuì in maniera significativa agli arrangiamenti, grazie alla sua formazione classica e alla comprensione dell’armonia. I temi cardine sono l’abuso di potere e il controllo: i testi hanno un carattere fortemente politico e descrivono le conseguenze dell’oppressione, dell’alienazione e dei sentimenti di impotenza. Qualcosa di pesante, incombente, minaccioso e soprattutto privo di un volto reale, rappresentato visivamente dall’inconfondibile e inquietante copertina dell’album, progettata e disegnata dai Metallica insieme a Peter Mensch e dipinta da Don Brautigam, che raffigura un camposanto disseminato di croci bianche legate a delle corde, manovrate da un paio di mani appena visibili in un cielo rosso sangue.

L’introduzione acustica in apertura è quella dell’epica Battery, che con la sua frenesia dipinge a tinte vive la violenza e la distruzione di una batteria di artiglieria e funge da apripista agli otto minuti e mezzo dell’immortale e micidiale Master Of Puppets, che mescola riferimenti all’abuso di droghe, politici e letterari, e contiene (tra i tanti) un riff di chitarra ispirato alla “Andy Warhol” di David Bowie. Riferimenti letterari palesi sono al centro della pesante The Thing That Should Not Be e della cupa semi-ballad Welcome Home (Sanitarium), la prima ispirata al ciclo di Cthulhu ideato da H.P. Lovecraft e la seconda a “Qualcuno volò sul nido del cuculo” di Ken Kesey.

Tornano i ritmi frenetici e intensi in Disposable Heroes, con le sue 220 battute al minuto, per poi lasciare il posto all’invettiva contro il televangelismo di Leper Messiah, nella cui storia della sua realizzazione si staglia l’ombra dell’ex chitarra solista Dave Mustaine (e l’ennesima diatriba di cui si rese protagonista): il frontman dei Megadeth affermò di aver contribuito alla sua stesura, in quanto la band aveva utilizzato i versi di una canzone che avevano abbozzato insieme in precedenza. I Metallica negarono, sostenendo che solo una sezione della stessa incorporava qualche vecchia idea di Mustaine, ma nulla di più. Il titolo del brano chiama nuovamente in causa il Duca Bianco, poiché deriva dal testo di “Ziggy Stardust”. Vi è poi la strumentale Orion, dove a farla da padrone è il basso di Burton, protagonista anche di un assolo: si tratta di una delle ultime canzoni da lui composte. Le battute conclusive sono riservate a Damage, Inc. che si scaglia contro la violenza insensata e i crimini contro l’umanità ed è inaugurata da una serie di accordi di basso invertiti e basati sul preludio corale di “Come, Sweet Death” di Johann Sebastian Bach.

Prima registrazione metal ad essere stata inserita nel 2016 nella National Recording Registry dalla Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti d’America, in quanto “culturalmente, storicamente, ed esteticamente significativa”, “Master Of Puppets” rimane uno dei più bei capolavori che l’heavy metal ci abbia mai regalato e che ha contribuito a stampare nella memoria di tutti la figura di uno dei membri più amati della band statunitense, scomparso davvero troppo presto.

DATA D’USCITA: 3 Marzo 1986
ETICHETTA: Elektra

Studentessa di ingegneria informatica, musicofila, appassionata di arte, letteratura, fotografia e tante altre (davvero troppe) cose. Parla di musica su Il Cibicida e con chiunque incontri sulla sua strada o su un regionale (più o meno) veloce.

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