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#MySong: “Firefly”, American Music Club

Firefly
American Music Club
“California”, 1988

Tua madre non c’è più. Se n’è andata troppo presto e nel peggiore dei modi: la malattia è un tocco di resina che cade sulle ali di una farfalla. Mark Eitzel arriva a San Francisco alla fine degli anni ’80. Il suo umore è nero e la California che lo attende è una terra inspiegabilmente buia e piovosa. La madre di Mark è da poco morta di cancro. Un tocco di resina sulle ali della sua farfalla preferita. Ma è a quel punto che ha un sussulto: scrivere una canzone per mia madre dev’essere la ripartenza, non la fine – pensa. La bellezza di mia madre solo la bellezza di una canzone la può tributare – ne è sicuro. Firefly racconta di Mark che s’immagina seduto su un prato con la madre che non c’è più, l’arpeggio di una chitarra li accompagna in un momento di assoluta tenerezza. Alle loro spalle il sole tramonta, in aria si accendono e si spengono le luci delle lucciole “che non vivono a lungo, sono solo un bagliore che presto va via”. Madre e figlio stanno lì, in silenzio. Uno accanto all’altra. Quanto può durare questo momento? Mark lo chiede a sua madre: “Dimmi perché non dormi più, dimmi che cosa stai aspettando seduta qui tutta la sera”. E mentre lei sta per rispondere, le luci si spengono. Le lucciole sono volate via.

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