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#MySong: “Holes”, Mercury Rev

Holes
Mercury Rev
“Deserter’s Songs”, 1998

Quando al minuto 4.15 entra l’assolo di tromba, il cielo di questa canzone si riempie di palloncini liberi di volare da tutte le parti. Prima gocce di flauti, folate di violini, la voce rotta di Donahue, un Wurlitzer che singhiozza come un pianto, gli accordi in minore, gli anfratti della malinconia, “i buchi, scavati dalle talpe”, i sotterranei ricoperti di carta argentata, certa batteria che rintocca implacabile come il tempo che passa, una pizza d’acciaio con un vecchio film lasciato a dimenticare, un pianoforte suonato con molto braccio e poche dita, un’esplosione che senti da lontano… ecco, prima, tutto questo aveva popolato uno dei brani più incredibili degli anni Novanta. Un pezzo di carne in musica. Una canzone definitiva che, appunto, al minuto 4.15, quando tutto pareva perso nel meraviglioso immaginario poetico e decadente dei Mercury Rev, vive un nuovo inizio. Palloncini in cielo, tutti gli umori in difficoltà che escono fuori dai tombini come blob. Un palla infuocata si nasconde dietro a un palazzo. Poi gli passa dietro, quindi si nasconde per poi tornare.

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