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Pink Floyd: 45 anni di Wish You Were Here

“Io girellavo tra la sala di regia e lo studio, e notai un tipo grosso e grasso con la testa rasata, che indossava un decrepito impermeabile marrone rossiccio. Portava un sacchetto di plastica di quelli per la spesa e sul volto aveva un’espressione abbastanza benevola, ma assente. Uno con quell’aspetto di solito non riusciva a superare la reception dello studio, così mi convinsi che doveva essere un amico di qualche tecnico. Anche David dopo un po’ mi domandò se sapessi chi fosse; e ancora non riuscii a collocarlo, e me lo dovettero dire. Era Syd. Sono passati più di vent’anni, ma ancora ricordo quel senso di confusione”.

Nick Mason descrisse così l’inaspettata comparsa di Syd Barrett, avvenuta durante una seduta di registrazione ad Abbey Road il 5 Giugno 1975, nell’autobiografia “Inside Out: A Personal History Of Pink Floyd”. Leggenda vuole che proprio quel giorno i Pink Floyd stessero lavorando a Shine On You Crazy Diamond e per questo motivo, sebbene il testo fosse già stato scritto, la sua versione finale sia stata notevolmente influenzata dalla presenza/assenza di quel figuro irriconoscibile e dalla parlata confusa.

Distanza e assenza sono i temi che pervadono l’intero Wish You Were Here, secondo concept della band, pensato e scritto da Roger Waters: fu un disco complicato da realizzare perché, oltre al grande successo, era tanta l’oscurità che aveva portato con sé il suo predecessore “The Dark Side Of The Moon” (1973). Il gruppo sentiva l’urgenza di dover lavorare a qualcosa di nuovo per paura dell’accusa di speculazione sulla notorietà ottenuta con quell’album, ma riscontrò parecchia difficoltà nel riuscire a sviluppare delle idee che ne fossero all’altezza. A inasprire la situazione si aggiunsero i rapporti tesi con l’industria musicale, la quale divenne così protagonista delle invettive di Welcome To The Machine Have A Cigar.

Tali tematiche sono state rappresentate visivamente in maniera magistrale e surreale, grazie all’immancabile collaboratore visionario Storm Thorgerson e al suo studio Hipgnosis: dopo aver letto i testi, l’artista elaborò con la band diversi progetti che al termine del lavoro furono tutti inclusi. Oltre alla più nota cover che ritrae l’uomo d’affari avvolto dalle fiamme e al rappresentante commerciale senza volto che vende la sua anima nel deserto in retrocopertina, venne realizzato un involucro nero con il logo raffigurante la stretta di mano meccanica, mentre all’interno dell’LP vennero inseriti il malinconico velo in volo, il tuffo “congelato” e il nuotatore nella sabbia.

Il disco si apre con la prima parte della malinconica suite dedicata a Barrett, Shine On You Crazy Diamond, Pts. 1-5, che si avvale della collaborazione di Dick Perry al sax e nella cui introduzione sono contenuti alcuni elementi delle sessioni di “Household Objects”, progetto sperimentale che prevedeva suoni non prodotti da strumenti musicali, accantonato poco prima. La più strana e cupa Welcome To The Machine esordisce con il rumore di una porta automatica, simboleggiante la scoperta musicale tradita dall’avidità del mondo della musica, e termina con i rumori di una festa, segno dell’inesistenza di sentimenti reali tra le persone. A essa fa seguito la ancor più polemica e meno velata Have A Cigar, a cui prestò la voce Roy Harper, con conseguente pentimento da parte di Roger, che inizialmente non era sicuro di poter rendere giustizia al suo stesso brano.

La struggente Wish You Were Here rappresenta uno dei rari casi di stretta collaborazione in campo compositivo tra Gilmour e Waters: oltre a parlare nuovamente di Syd, fa riferimento alla personalità del bassista e riflette i sentimenti della band in quel periodo. L’introduzione della traccia venne registrata dall’autoradio della macchina del chitarrista, e un’ulteriore particolarità riguarda la partecipazione del violinista jazz Stéphane Grappelli, il cui contributo è riemerso solo sulla ristampa “Experience Edition” del 2011, mentre in precedenza non era stato accreditato, poiché udibile solo in lontananza nel finale. La conclusione è affidata alla ripresa di Shine On You Crazy Diamond, Pts. 6-9, nella quale è possibile sentire un accenno della “See Emily Play” di Barrett suonata da Wright in chiusura.

Realizzato in un periodo estremamente buio e cruciale (tenuto ben nascosto), tra sessioni di registrazione e tour, incidenti di varia natura sul palcoscenico, difficoltà nella gestione della vita privata e dissidi nella band, “Wish You Were Here” dovette anche fare i conti con alcune critiche contrastanti prima di essere riconosciuto universalmente come una pietra miliare della storia della musica. Tuttavia, ciò contribuì in parte a rinsaldare momentaneamente il legame tra i componenti del gruppo e a fargli rialzare la testa, così come il doversi scontrare “fisicamente” con il rimorso per non essere riusciti ad aiutare “quel diamante pazzo” che gli aveva permesso di realizzare tutti i loro sogni, ma la cui luce si era spenta troppo presto.

DATA D’USCITA: 12 Settembre 1975
ETICHETTA: Harvest

Studentessa di ingegneria informatica, musicofila, appassionata di arte, letteratura, fotografia e tante altre (davvero troppe) cose. Parla di musica su Il Cibicida e con chiunque incontri sulla sua strada o su un regionale (più o meno) veloce.

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