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Rage Against The Machine: 25 anni di Evil Empire

“Le parole sono importanti!” non è solo la frase pronunciata da Nanni Moretti in “Palombella Rossa”, ma anche ciò che Tom Morello deve aver pensato nel Giugno scorso, quando venne criticato da un fan su Twitter in un modo che ha davvero dell’esilarante, che suonava come “ti stimo come artista, ma non quando parli di politica e società”. Dopo quasi trent’anni di carriera, qualcuno ancora non sa che qualsiasi pezzo dei Rage Against The Machine tratta temi seri e segue una precisa linea ideologica. Eppure, non dovrebbe servire un genio per capire che la “Machine” contro cui Zack De La Rocha e soci si scagliano da tempo immemore non è affatto l’obliteratrice di un bus, ma un sistema malato che comprende ogni forma di repressione nei confronti delle minoranze, che non permette l’uguaglianza ed incoraggia l’uomo ad essere egoista e a pensare solo al proprio tornaconto.

Ogni singola traccia di Evil Empire sembra prendere la rincorsa, autoalimentarsi, fino a diventare inarrestabile ed esplodere come una granata, dalla più breve e tagliente People Of The Sun, anticamera della più potente Bulls On Parade, il cui assolo di chitarra regna incontrastato, fino a quell’ultimo “Now it’s upon to you” della complessa Year Of Tha Boomerang, la quale facendo riferimento alle lotte contro sessismo, razzismo e colonialismo, incita a prendere coscienza della situazione e a fare la propria parte. Il sophomore dei RATM è uno dei loro dischi più duri e crudi sia per i testi al vetriolo sia nelle sonorità, tra funk e rap metal, dove le pesanti distorsioni di chitarra e basso sembrano coltelli affilati.

Mascolinità tossica e violenza domestica sono al centro delle stilettate dell’amara Revolver, mentre Snakecharmer, degenerando in quel ripetuto “interested in you”, è l’invettiva definitiva contro il capitalismo. Non si possono dimenticare Vietnow, che prende di mira le radio dell’estrema destra americana, e le pesanti linee di basso di Roll Right e Tire Me, che valse al gruppo il Grammy per la miglior performance metal, a cui segue l’aspra Down Rodeo, che mostra il divario tra ricchi e poveri e le conseguenti lotte di classe. Un ulteriore tema importante per il gruppo riguarda la condizione delle popolazioni indigene messicane, ignorate dai governi e prive di qualsiasi prospettiva, affrontato in Without A Face e Wind Below.

Se bastasse un solo disco per scuotere il mondo, questo sarebbe perfetto: a venticinque anni dalla sua pubblicazione, “Evil Empire” è sempre e comunque di un’attualità disarmante, soprattutto in tempi come questi dove l’uguaglianza sembra essere sempre più lontana, anziché il contrario, e di “imperi del male”, grandi o piccoli, ognuno con i suoi segreti e le sue mostruosità, ve ne sono ancora troppi.

DATA D’USCITA: 16 Aprile 1996
ETICHETTA: Epic

Studentessa di ingegneria informatica, musicofila, appassionata di arte, letteratura, fotografia e tante altre (davvero troppe) cose. Parla di musica su Il Cibicida e con chiunque incontri sulla sua strada o su un regionale (più o meno) veloce.

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