[adinserter block="3"]
Home EXTRA ANNIVERSARI The Who: 50 anni di Who’s Next

The Who: 50 anni di Who’s Next

I’ll tip my hat to the new Constitution / Take a bow for the new revolution / Smile and grin at the change all around / Pick up my guitar and play / Just like yesterday / Then I’ll get on my knees and pray / We don’t get fooled again”: una rivoluzione dopo l’altra, senza fine, le quali tuttavia non cambiano mai realmente qualcosa per tutti. La rivoluzione era qualcosa in cui il geniale, incredibilmente contraddittorio e scorbutico Pete Townshend, compositore e artefice praticamente assoluto dei brani dei The Who, desiderava credere, e forse ci prova ancora (nonostante ormai appartenga a quello stesso establishment che criticava), ma in cuor suo non vi è mai riuscito fino in fondo, nemmeno in quel periodo variopinto e mutevole che furono gli anni Sessanta e Settanta.

Collocato tra le due ambiziose opere rock di straordinario successo “Tommy” (1969) e “Quadrophenia” (1973), Who’s Next consacra il quartetto Townshend-Daltrey-Entwistle-Moon come innovatore dell’hard rock seventies, introducendo l’uso inedito e smodato di sintetizzatori nel genere. Il disco nasce dal tentativo di realizzazione da parte di Townshend di “Lifehouse”, un’altra commistione di rock e teatro, mai portata a termine a causa dell’eccessiva complessità e delle schermaglie ripetute con il manager della band Kit Lambert, conservandone comunque alcuni brani ed elaborandoli per ottenere qualcosa di efficace.

Altrettanto interessante, quanto divertente, è la storia riguardante l’inconfondibile copertina dell’album scattata a Easington Colliery dal fotografo Ethan Russell, che raffigura il gruppo intorno ad un monolite di cemento, contro il quale avevano urinato precedentemente o gettato acqua per simularne l’effetto, sottile e letale frecciatina velenosa riferita al celebre monolite del film “2001: Odissea nello spazio” di Stanley Kubrick, che era uscito nei cinema nel 1968 e per il quale la band avrebbe dovuto comporre parte della colonna sonora (prova inconfutabile della grande diplomazia, dinnanzi ad un accordo sfumato, di Pete e soci).

Il ruolo dei synth è determinante e fa scuola nella monumentale e più famosa Won’t Get Fooled Again (per i profani “l’urlo più famoso e sentito nella storia delle sigle televisive”, ovvero quella di “CSI: Miami”), nella quale i riff di Townshend ed Entwistle, la voce di Daltrey e, ultimo ma non certo per importanza, il drumming di Moon sfiorano la leggenda, esattamente come nell’altrettanto conosciuta Baba O’Riley, caratterizzata dal passaggio strumentale conclusivo dominato dal violino nevrotico di Dave Arbus.

Una fetta dell’album è riservata a tracce che si dividono tra folk e hard rock, quali la pregevole semi-ballad Behind Blue Eyes, che riprende parte del bridge di Won’t Get Fooled Again, le sfumature country-blues della più pulita ed essenziale Love Ain’t For Keeping e i cambi di tempo repentini e magistrali della dinamica Getting In Tune, che rappresenta al meglio il potere della musica e le mille contraddizioni interiori che attanagliano una rockstar.

Fanno invece storia a sé l’assolo di ARP synth della potente e spirituale Bargain, i guizzi di chitarra acustica, wah-wah e batteria che si danno man forte pestando nell’interludio di Going Mobile,il piano di Nicky Hopkins e i sintetizzatori protagonisti della solenne The Song Is Over, e i ritmi coinvolgenti di My Wife, unica traccia ad essere stata scritta interamente e cantata da Entwistle, non appartenente quindi al progetto “Lifehouse”, e priva del canonico assolo di chitarra. Le innumerevoli sessions produssero anche altre chicche, alcune pubblicate separatamente e poi incluse nelle successive ristampe del disco, come “Pure And Easy”, una versione live elettrificata di Love Ain’t for Keeping e le cover “Baby Don’t You Do It” e “Young Man Blues”, rispettivamente di Holland-Dozier-Holland e Mose Allison.

La grandezza e la maestria di una band come i The Who si riassume efficacemente nelle nove tracce di “Who’s Next”, che con la loro ironia pungente e l’estro magnetico sfoderato dai loro protagonisti in ognuna di esse hanno contribuito a farli entrare di diritto nell’Olimpo delle divinità hard rock, grazie ad una piccola rivoluzione in ambito musicale (piaccia tale definizione a Pete Townshend oppure no).

ETICHETTA: Track / Decca
DATA D’USCITA: 14 Agosto 1971

Studentessa di ingegneria informatica, musicofila, appassionata di arte, letteratura, fotografia e tante altre (davvero troppe) cose. Parla di musica su Il Cibicida e con chiunque incontri sulla sua strada o su un regionale (più o meno) veloce.

Nessun commento

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Exit mobile version