Home INTERVISTE Magpie – “Nel 2009 non c’è nessuna scia da cavalcare”

Magpie – “Nel 2009 non c’è nessuna scia da cavalcare”

Novembre 2009: In giro da un bel po’ di tempo, ma negli scaffali dei negozi solo in questo 2009, i Magpie si stanno imponendo come una delle più interessanti realtà alternative italiane. Tra shoegaze e post-rock, passando per una spruzzata di ambient, il loro “Noir / Several Murders In Sleepless Nights” è un album che come pochi altri rappresenta l’autunno e certe atmosfere grigie. Il Cibicida ha fatto una chiacchierata con Daniele Carretti, voce e chitarra dei Magpie (e già negli Offlaga Disco Pax) che ci ha parlato a 360° della musica della sua “gazza”.

Domanda: Magpie vuol dire Gazza, la “ladra” per antonomasia. A cosa si deve questo pseudonimo?
Daniele: Magpie è un nome nato quasi per caso, mi piaceva come suonava. In parte poi il suo significato si lega al progetto e alla fine credo sia il più adatto, quello giusto.

Domanda: I Magpie sono nati a fine anni ’90, ma avete pubblicato solo in questo 2009 il vostro album d’esordio. Come mai questi dieci anni di attesa? Cosa c’è stato in mezzo e/o cosa vi ha impedito di “concretizzare” prima?
Daniele: Abbiamo avuto diversi cambi di formazione, avevamo anche un batterista un tempo. Negli anni abbiamo pubblicato solamente alcuni EP, più che altro da regalare ad amici e dare ai concerti. Diciamo che l’interesse da parte di Deambula ha fatto sì che si pensasse seriamente al disco. Poi era ora di fotografare un momento particolare del gruppo e fermarlo. “Noir” è il risultato di quasi 3 anni di registrazioni, ha avuto una lunghissima gestazione ed ha in se quello che doveva essere, senza fretta, senza costrizioni. Naturale. Il concretizzare prima non era stato preso in considerazione. Forse non avrebbe neppure avuto senso. Quando è arrivato il momento lo abbiamo fatto.

Domanda: Ascoltando “Noir” si ritrovano inevitabilmente sonorità shoegaze, potremmo citare i My Bloody Valentine o, più verosimilmente, gli Slowdive. Dove nasce la scelta di ispirarsi a un modo di fare musica vecchio di venti anni? E’ come dire che nel 2009 nulla merita attenzione o che non vi è nessuna nuova corrente alternativa da cavalcare? In fondo, ormai, l’unica vera scia da seguire sembra essere quella del revival…
Daniele: Beh, nel 2009 non c’è nessuna scia da cavalcare, per quanto riguarda la ricerca sonora dei Magpie, ma non solo. L’indie oggi si rifà a cose di 20 e 30 anni fa. La fantasia musicale della maggior parte dei gruppi usciti negli ultimi 15 anni non esiste. Sembra che l’unica cosa sia il “rendere omaggio”, che detta in parole povere “copio pari pari”. Quindi non trovo molto da inseguire e a cui dare attenzione in questi anni. Più che una ricerca della forma canzone nei Magpie c’è una ricerca sonora, di atmosfere e sensazioni. Alcune sonorità shoegaze sono inevitabili, dal momento che all’interno dei miei ascolti c’è una maggioranza di musica con quelle sonorità. Ritengo ancora oggi “Souvlaki” degli Slowdive uno dei più bei dischi di sempre. Poi certo è che per fare musica bisognerebbe evitare di cavalcare correnti, soprattutto in ambito indie. Di cavalcare correnti contemporanee comunque non mi interressa minimamente.

Domanda: Il risultato ottenuto con “Noir” è, sì, frutto del vostro lavoro, ma anche di numerose collaborazioni. Nate in che modo? Qualcuna di queste ha influito in modo particolare sul prodotto finale?
Daniele: Le collaborazione sono nate per conoscenze personali con i diretti interessati. Donatella che canta in “Empty Places” è una carissima amica e ha dato una nuova atmosfera e punto d’ascolto ad un brano che stavo per scartare. Poi lei è cantante nei Fou, gruppo milanese con cui io stesso ho collaborato e che apprezzo tantissimo. Con Nicola Manzan avevo già collaborato per l’ultimo disco degli Offlaga Disco Pax, abbiamo suonato diverse volte live assieme, ed è un caro amico anche lui e mi faceva piacere provare ad inserire qualche suono di violino. Il lavoro fatto su “Hidden” lascia senza parole.

Domanda: “Noir” è un album che trasuda paesaggi autunnali, è totalmente impregnato di nebbia e pioggia. Quali sono gli scenari che vi hanno ispirato tali atmosfere?
Daniele: Novembre. Semplicemente il mese più bello dell’anno, e mese in cui è uscito il disco. Adoro fissare per ore i paesaggi nebbiosi ed autunnali, la pioggia, la notte. Credo siano le sole cose capaci di creare determinate sensazioni. Volevo provare a rinchiuderle nella musica che facevo per poterle ritrovare sempre.

Domanda: E’ evidente come la lingua inglese calzi perfettamente alla vostra musica. Ma avete mai pensato di comporre un testo in italiano?
Daniele: Sì, l’italiano è stato preso in considerazione, ma non per cose dei Magpie. Il progetto Magpie ha un suo percorso e non ha senso portare l’italiano al suo interno. Trovo irritanti i gruppi che fanno cose sia in italiano che in inglese senza una progettualità e un perché e solo per “provare a fare i tour all’estero”. Credo che ci voglia una certa “coerenza” e che ogni progetto abbia un suo nascere, un suo sviluppo e una sua morte, prima di trasformarsi in altro. Quando deciderò di cantare in italiano, cosa che ho già fatto e registrato, non sarà per i Magpie.

Domanda: Daniele, tu suoni anche negli Offlaga Disco Pax, esperienza totalmente diversa dai Magpie. Come cambiano da una band all’altra il tuo modo di suonare la chitarra e l’approccio stesso allo strumento?
Daniele: Da un gruppo all’altro il mio modo di suonare non cambia molto, non sono un gran musicista e non mi lascio andare a facili (ed inutili) virtuosismi. Cambia l’approccio, quello è inevitabile. Sono due progetti diametralmente opposti e se bene certi suoni possono essere simili non saranno mai suonati allo stesso modo. Nei Magpie uso un suono molto più “pieno”, mentre negli Offlaga Disco Pax è molto più minimale.

Domanda: Cosa vuol dire oggi essere indipendenti?
Daniele: Indipendenti oggi credo abbia lo stesso significato che aveva un tempo, fare la musica che ci piace, quella in cui crediamo, senza dover scendere a compromessi, facendola conoscere con i nostri sforzi, o sforzi di chi crede in noi, e ai nostri concerti. Però credo anche che purtroppo “indipendente” oggi non sia molto lontano da quello che fanno le major, ormai anche i gruppi “indie” seguono le mode, i suoni, i generi. Difficilmente cambiano quello che fanno se questo gli porta un minimo di notorietà e successo, e di conseguenza al pari dei gruppi major fanno dischi tutti uguali. Non saranno spinti a farlo da contratti o da produttori, ma lo fanno in nome di un facile successo, e per evitare rischi entrano in aree di mercato tutt’altro che indipendenti. Credo che alla fine il vero significato di indipendenza sia quello di fare, cambiare, rimescolare la musica che si propone senza dover rendere conto a nessuno, se non a se stessi.

Domanda: Dicci i nomi di tre band senza le quali i Magpie non sarebbero mai esistiti…
Daniele: Se però ce ne fossero state altre i Magpie sarebbero esistiti in maniera diversa… per quello che sono i Magpie ora direi Slowdive, Cocteau Twins e Red House Painters.

Domanda: Ultima domanda di rito, se ti dico “Cibicida” cosa ti viene in mente?
Daniele: Non so perché, ma la pubblicità della Kodak di alcuni lustri fa… eh vabbè…

* Foto d’archivio

A cura di Emanuele Brunetto