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Perturbazione – “Tra John Fante e Torino”

16-12-05: Si è conclusa da pochissimo la seconda tappa siciliana dei Perturbazione, consumata con tepore. Tommaso Cerasuolo, frontman della band torinese, ci segue come promesso e, tanto intimamente come la performance serale affrontata, risponde ai quesiti de Il Cibicida nel corso di una lunga e informale chiacchierata, accompagnati da una birra.

Domanda: Prima domanda, a caldo. Sono le vostre prime date in Sicilia: che impressione vi hanno fatto?
Tommaso Cerasuolo: Bello, davvero emozionante, perché abbiamo visto molta attenzione nelle persone che ascoltavano. Non c’è stato un bagno di folla, ma chi viene lo fa con un’attenzione incredibile, anche a Palermo. E soprattutto i luoghi, sono davvero belli… anche l’organizzazione. Poi ora sono un po’ privo di aggettivi, ma è l’intontimento post-concerto (ride, ndr).

Domanda: Siete stati protagonisti dello spettacolo “Le città viste dal basso”, con Emidio Clementi, Baustelle, Afterhours ed altri. La città ed i suoi fermenti: qual è il rapporto con la vostra, Torino?
Tommaso Cerasuolo: Beh, in realtà siamo quasi tutti di Rivoli, cittadina a 15 km da Torino, abbiamo questo “misto” di provinciale. Torino è una città strana, post-industriale, nella quale molte delle esperienze musicali sono nate proprio dall’esigenza di dover cercare spazi, anche a causa della sua struttura architettonica. Non è una città che ti offre la possibilità di suonare facilmente, più che altro devi essere tu a cercare gli spazi. C’è molta gente che suona, una sorta di “controcultura”, un laboratorio musicale. Insomma Torino la amiamo molto, anche se è piena di contraddizioni ed apparentemente fredda. Però con noi ha tirato fuori delle cose incredibili, prima ne eravamo come terrorizzati, per quel suo carattere un po’ francese, poi invece ci ha avvolto. Nello spettacolo che hai menzionato non abbiamo parlato di Torino, nello specifico, abbiamo suonato un po’ di classiconi: “Rimini” di De Andrè, “Milano” di Dalla, “Firenze canzone triste” di Graziani, da dedicare alle anime diverse di queste città.

Domanda: La dimensione del tempo scandisce con delicatezza la vostra musica. In “Canzoni allo specchio” il peso dei ricordi, la consapevolezza di ciò che è stato, sembrano imperanti, e si riflettono sia sul presente che sul futuro. A questo punto la paura, utilizzando un gioco di parole, è che tutto questo ritorni “in circolo”?
Tommaso Cerasuolo: Complimenti per la domanda. Fondamentalmente è un disco che è stato scritto in un periodo delle nostre vite in cui si voleva fare poco i conti con il presente, e allora avanzava una ricerca esasperata di ciò che è stato. La decisione di dare il titolo “Canzoni allo specchio” nasce dall’esigenza di riconoscersi, tornare sui propri passi per cercare di capire chi si è. Ma per il prossimo disco speriamo di riuscire a fare qualcosa di meno claustrofobico, meno intimo, meno “chiuso nella stanzetta”; qualcosa che metta insieme la sfera intima e quella sociale. Mi viene in mente una cosa bella che ci ha detto un ragazzo dopo l’esibizione ad Arezzo Wave. “Bello il vostro concerto, è stata come una rivoluzione gentile”; ecco, è stata una bella definizione per la musica dei Perturbazione. Scusa per i giri mentali che ho fatto, volevo semplicemente dirti che “Canzoni allo specchio” è stato più claustrofobico di quel che pensavamo, ci si è rivoltato contro in un certo senso. Ma lo concepisco come una porta da cui dovevamo per forza passare.

Domanda: Avete più volte ripetuto che i vostri testi, e la vostra musica, nascono principalmente dalla necessità di espressione; quanto, a livello esorcizzante, è riuscita a darvi la musica nel corso degli anni?
Tommaso Cerasuolo: Esorcizzante. Bella definizione. C’è una ragazza che è venuta al concerto di Bari, due settimane fa, e davanti al banchetto dei dischi mi ha detto: “Il vostro disco è stato importantissimo per me, perché mi ha aiutato ad uscire da una brutta depressione”. Io le ho risposto: “Sappi che anche per noi, molto spesso, è una maniera di uscire dalla depressione” … o per entrarci (ride, ndr). Però è vero che le canzoni possono in qualche modo entrare nella famiglia degli esorcismi e delle preghiere, soprattutto per una generazione che ha conosciuto relativamente poco qualsiasi forma di confessione religiosa, a causa dell’estremismo e dell’ortodossia del cattolicesimo. Cantare canzoni è la forma che abbiamo per confessarci.

Domanda: Limitandoci alla scena italiana, quali sono gli artisti che apprezzate maggiormente?
Tommaso Cerasuolo: I 24 Grana, nel periodo del K-Album del 2001, per me hanno significato davvero una vita. E poi i Tre Allegri Ragazzi Morti. Per quanto riguarda i cantautori, amo moltissimo i dischi di Dalla, fino all’80, perché poi s’è un po’ rincoglionito, purtroppo l’abbiamo perso del tutto (ride); però ciò non toglie che abbia fatto dei dischi meravigliosi, non riesco a smettere di ascoltarli. E ovviamente De Andrè. Poi ci sono un sacco di nuovi gruppi italiani, i Baustelle, ad esempio, stanno girando in Sicilia, sono anche stati ospiti del nuovo disco. Mi piace molto anche il disco dell’altro chitarrista dei Perturbazione, Cristiano, e di Maurizio, che hanno una piccola etichetta, “I dischi dell’amico immaginario”, ed hanno prodotto un disco dei Northpole, di Treviso, fantastico, oltre ai Zen Circus, che mi piacciono molto.

Domanda: Una curiosità “letteraria”: la seconda traccia del vostro nuovo album si chiama “Chiedo alla polvere”. Volevo sapere se vi eravate ispirati al mitico allucinante romanzo di John Fante, “Chiedi alla polvere”.
Tommaso Cerasuolo: Si, era voluto, un po’ un gioco, ecco. Ci ho pensato a posteriori, mi piaceva l’immagine del deserto della California che si mangia Los Angeles. C’era una similitudine tra la sabbia del deserto e la polvere, che si mangia la camera. I ricordi sono la tua ricchezza, ma anche una specie di caleidoscopio, che distorce la vita. I ricordi costituiscono una specie di cataratta dell’anima, come l’abbiamo chiamata; ma siccome il titolo “Cataratta dell’anima” faceva cagare, allora abbiamo optato per “Chiedo alla polvere”.

Domanda: Forse Clementi l’avrebbe utilizzato, come titolo. Intendo “Cataratta dell’animo”.
Tommaso Cerasuolo: Abbiamo già parafrasato John Fante, la prossima volta ci proveremo con Mimì (ride, ndr).

Domanda: Riallacciandoci al nuovo album, in “Canzoni allo Specchio” oltre che alle accuse rivolte verso se stessi, trovano spazio quelle nei confronti degli altri. Mi vengono in mente “Animalia” o “Il materiale e l’immaginario”.
Tommaso Cerasuolo: Più che accuse sono riflessioni. “Animalia” sarà il nuovo singolo, anche se non uscirà nei negozi. Mi piace pensare che sia una canzone dove non ci sono ne vittime ne vincitori, ma semplicemente riflessioni sullo stato attuale delle cose; dirsi ambientalisti, o animalisti, è una posizione pericolosa, perché decidi di vedere le cose solo da una prospettiva. Mi viene in mente il fatto che alcuni di noi sono vegetariani, io non lo sono più. Se c’è un’accusa è volta più alla riflessione, piuttosto che per puntare il dito. “Il materiale e l’immaginario” nasce dalla consapevolezza che non ce ne frega una mazza di indossare un vestito buono, o avere la faccia giusta, preferiamo avere un occhio di riguardo per chi sta nella parte scura, nell’angolino.

Domanda: L’album è estremamente evocativo e malinconico, ma c’è un brano, “Se mi scrivi”, che rompe in un certo senso l’atmosfera. E’ come se a un certo punto venga aperta una finestra su una stanza scura.
Tommaso Cerasuolo: Quando abbiamo fatto i pezzi per quel disco, “Se mi scrivi” ci piaceva tanto, col suo contenuto ironico, più “pop”. Il fatto è che rispetto ad “In Circolo”, che è sicuramente un album più eterogeneo e nel quale ci sono molti più intervalli e cambi di direzione, in “Canzoni allo specchio”, il contrasto è più forte. Penso sia l’altra faccia de “La fine di qualcosa”, che parla della stessa cosa, ma attraverso la luna ed il sole. Mi piace come Paolo sia riuscito ad inserirla nella tracklist; eravamo consci dello stacco, ma abbiamo voluto rischiare. Comunque è Gigi il responsabile. I Perturbazione sono l’incontro tra chi è cresciuto con artisti anglosassoni, gli Smiths, i REM, e chi con la radio. Gigi ha una formazione più “radiofonica”.

Domanda: Siete dei perfezionisti del visivo, è un aspetto che curate molto. Basti pensare alle splendide copertine dei vostri album, o al meraviglioso video di “Agosto”, o ancora allo spettacolo che avete preparato, “Concerto per disegnatore e orchestra”. E’ quasi una porta che introduce perfettamente la vostra musica.
Tommaso Cerasuolo: Si, curiamo moltissimo questo aspetto. Ci diverte molto la possibilità di raccontare una storia, il soggetto è sempre opera nostra. Le copertine sono tutte disegnate, un po’ perché siamo messi male per mettere le nostre facce (ride), un po’ perché l’immagine è evocativa, ed il disegno riesce bene in questo ruolo, rispetto alle nostre facce di cazzo (ride). Per noi è un gioco fare questo mestiere, e finchè rimane così è anche più divertente.

Domanda: Avete una community, nel vostro sito web, abbastanza vasta. Rispondete ai vostri fan personalmente sul forum, e li tenete puntualmente aggiornati tramite il vostro blog; com’è, per voi, questo contatto “informatico” rispetto a quello dal vivo?
Tommaso Cerasuolo: Sono contatti molto diversi, però sono entrambi importanti. Ci piacciono molto i messaggi in cui la gente ci parla della loro storia, relazionata alle nostre canzoni, magari distaccandosi dal componimento canonico. Ci appassioniamo di più quando qualcuno racconta la propria storia, ecco; è una goccia nell’oceano, ma è importante. Ad esempio, “Spalle strette” ha suscitato diversissime interpretazioni, ed è stato bellissimo leggerle. Certo, dal vivo è più appassionante, guardare il pubblico che canta e ti guarda. Un anonimato tenero e delicato, che io provo a rompere qualche volta, scendendo dal palco, mischiandomi.

Domanda: Concludete la vostra biografia con l’affermazione: “Siamo i Perturbazione, e non vi abbiamo mai preso per il culo”. Ci dobbiamo credere, o è una presa per il culo?
Tommaso Cerasuolo: Io direi che ci siete cascati (ride). No, cerchiamo di non prendere per il culo nessuno, tantomeno noi stessi. In autunno, io, Gigi ed Elena abbiamo accompagnato Alberto Campo (famoso critico musicale, ndr). Lui ha scritto un libro, “Get Back”, una specie di storia del rock al contrario, partendo dalla musica contemporanea. Ci ha chiesto di accompagnarlo, in giro per l’Italia, per farci fare dei pezzi classici del rock in acustico: voce, chitarra e violoncello. Mi ricordo che citava una bellissima frase di Michael Stipe: “Il rock è uno scherzo e le prime vittime sono le persone che lo prendono troppo sul serio”. Non la ricordo bene, ma il senso è quello. La conclusione della biografia ha un po’ quel senso.

Domanda: Ultima domanda, di rito: se diciamo “Cibicida”, tu a cosa pensi?
Tommaso Cerasuolo: Ad un consumo di materiale culturale, al solo fine di nutrirsi però, e non di gustarlo appieno.

Giunto il momento degli arrivederci, sperando non sia un “addio”, avviene un reciproco scambio di sentitissimi ringraziamenti e, come nota finale di una canzone perfetta, Tommaso ci saluta con una originale dedica:

Ai ragazzi de Il Cibicida! Grazie per essere rimasti pazienti ad ascoltare questa vecchia ciabatta dell’underground. Con un sorriso! – Tommy

Beh, che dire. Ancora una volta, grazie a te. Grazie a voi.

* Supporto a cura di Emanuele Brunetto e Riccardo Marra
* Foto a cura di Emanuele Brunetto

A cura di Michele Leonardi

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