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C’mon Tigre @ Monk, Roma (10/03/2016)

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Poche cose si sanno dei C’Mon Tigre, abilissimi celatori d’identità. Che fossero un bel sentire, lo si era già ampiamente capito ascoltando l’omonimo album. Che fossero anche un bel vedere, invece, è stata una gradita conferma consumatasi in un’ora e mezza abbondante di concerto.

Ad aprire la loro – partecipata – apparizione al Monk di Roma ci pensa Frase: multiforme lonely boy canadese dedito a un alt-pop rappeggiante, con flussi soul e r’n’b. Ma quando è il turno dei pezzi grossi, la musica cambia – non ce ne voglia lui – in meglio. La band italiana (o almeno in parte) fa il suo ingresso in silenzio, tanto per non dare indicazioni geografiche. Come si dice da queste parti: poche parole, molta sostanza. Le splendide opere di Gianluigi Toccafondo, proiettate dinanzi al gruppo in semitrasparenza, sono molto più di visual appiccicati a Rabat: sono un amalgama perfettamente cesellato, che rende la performance una doppia goduria.

Come se non bastasse la mistione di generi alla quale ci sottopongono, felicemente, i Nostri: world, ethno, jazz, funk, dub – con quella chitarra elettrica à la Marc Ribot che fa spesso da ponte. Coloratissimo sposalizio che trova il suo apice nell’incontro tra il brevissimo self-made mantra di C’mon Tigre e la fantastica, vibrante energia contagiosa di Federation Tunisienne De Football – anch’essa accompagnata da un lavoro del sopracitato Toccafondo, fruibile anche online come gran video del pezzo. Dopo gli elettro-tribalismi di Life As A Preened Tuxedo Jacket, lo show si chiude con la prolungata ode jazz di Building Society, prima di accedere al doppio encore di Welcome Back Monkeys e Malta (The Bird And The Bear).

Rappresentanti di una nuova eccellenza, i C’Mon Tigre autocertificano quasi una singolarità, nel Paese. Cinematici e variopinti, elegiaci e anche divertenti, abbandonano il palco sulle parole di Pasolini: «essere morti o essere vivi è la stessa cosa». Possa il poeta perdonarci per questa bieca mistificazione de-filosofizzante ma: certe serate, in fondo, è tanto meglio averle vissute.

SETLIST: Rabat – Fan For A Twenty Years Old Human Being – Commute – December – A World Of Wonder – C’mon Tigre – Federation Tunisienne De Football – Life As A Preened Tuxedo Jacket – Building Society —encore— Welcome Back Monkeys – Malta (The Bird And The Bear)

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