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New Order @ OGR, Torino (05/05/2018)

∑(No,12k,Lg,18Ogr). No, non ci siamo seduti sulla tastiera del PC: ∑(No,12k,Lg,18Ogr) è il macchinoso codice matematico (replicato sui manifesti e sulle t-shirt commemorative) che fa da titolo alla serata torinese dei New Order, che ritornano tredici anni dopo in Piemonte. Peccato che durante questo enorme lasso di tempo la band di Manchester – nuovamente in attività dopo i problemi legali con Peter Hook – sia stata protagonista di un solo concerto in terra italica, nell’ormai lontano 2012 in un’edizione milanese dell’Heineken Jammin’ Festival.

Scriviamo questo perché l’attesa dei fan italiani era enorme e poteva giocare brutti scherzi per la riuscita della serata: setlist originale (o meglio dire: genialmente e lucidamente folle), frutto delle richieste del Manchester International Festival, che ha commissionato il live in partnership con OGR. Il MIF voleva un concerto originale e moderno: Bernard Sumner e soci hanno pensato bene di imbastire uno show ad hoc, dove la componente visuale studiata da Liam Gillick svolge un ruolo preponderante. Questo format non era una novità assoluta (la prima era stata a Manchester quasi un anno fa) e quindi eravamo in parte preparati allo shock: via quasi tutte le hit che hanno reso celebre la band di Manchester, accompagnata per l’occasione da una vera e propria orchestra di synth. E che orchestra! Ogni componente è posizionato dietro un box ed è parte integrante della coreografia.

Non ci sono ovviamente band di supporto e la musica di puro sottofondo che ci prepara all’evento è più che discreta: il tutto è perfettamente pertinente alla serata, ospitata all’interno delle meravigliose OGR, che offrono agli avventori un servizio di prim’ordine (toilette pulite più volte durante la serata, bistrot e bar straordinari a prezzi modici) che meritano davvero una menzione particolare. Alle 21:15 in punto salgono sul palco i nostri sessantenni preferiti e l’emozione tra i presenti (felicemente attempati anche loro: a occhio e croce l’età media è di 45 anni) è più che palpabile.

Dopo l’ormai classica Elegia, intro della band stavolta suonata dal vivo dall’orchestra, Sumner imbraccia la chitarra e canta Who’s Joe?, ottimo brano del non riuscitissimo “Waiting For The Siren’s Call”. È il primo shock della serata: qualsiasi logica commerciale e discografica avrebbe visto bene al suo posto il singolone “Restless”, ma Sumner il repertorio della sua band lo ama tutto e tira fuori questa canzone sepolta e dimenticata. L’inizio tutto sommato soft del live forse paga un po’ troppo l’originalità della setlist, anche perché gli spettacoli visivi di Gillick appaiono in questo frangente pressoché inesistenti: i momenti intensi però non mancano, tra cui l’ottima Disorder (pescata dal repertorio dei Joy Division) e la delicata All Day Long.

È però indubbiamente grazie alla sua seconda, esplosiva parte che il concerto assume connotati quasi epici: la sempre eccessiva Shellshock è la perfetta introduzione per un crescendo trascinante, che rimarrà scolpito a lungo nella mente dei presenti. La scenografia diventa finalmente protagonista e meno minimale, ma quello che sconvolge maggiormente è l’esecuzione di Guilt Is A Useless Emotion, altro brano “miracolato” della serata ripescato anch’esso da “Waiting For The Siren’s Call”: se su disco è quasi trascurabile, dal vivo diventa irresistibile, facendo capire in pochi secondi che la scommessa di Sumner e soci è stravinta.

Vincono loro, vince una band capace come nessuna al mondo di creare una commistione di sonorità sinceramente impressionante: ogni singolo suono vive di luce propria ed è impossibile rimanere fermi (i colpi della strega del giorno dopo tra gli over 40 probabilmente non si conteranno), pensando irrimediabilmente alla differenza che passa tra un concerto di questa caratura e un dj – per quanto titolato – che “suona” i suoi dischi.

Bizarre Love Triangle è l’unica, vera hit della serata ed è ovviamente accolta con un boato, Vanishing Point (che valorizza un altro disco tutto sommato minore della band, “Technique”) è quasi commovente con il suo delicatissimo riff, la più recente Plastic rinvigorisce ulteriormente il finale del concerto. Prima dei bis della band, l’orchestra dei synth suona Times Change, unico estratto da “Republic”: altro momento altissimo della serata.

La band rientra sul palco, Sumner imbocca la diamonica, parte una Your Silent Face meno soft del solito: esperimento riuscito. I New Order si congedano con Decades, altro brano (cover è un termine onestamente offensivo) dei Joy Division. A fine concerto potremmo pensare alle tante hit mancanti o al fatto che l’unico album escluso della serata sia stato lo straordinario “Get Ready”, ma vince in noi un senso di pace interiore misto ad adrenalina: ci guardiamo attorno ed è un sentimento comune. Si bissa a Vienna il 12 e 13 Maggio, per quelli che saranno con ogni probabilità gli unici concerti della band per questo 2018.

SETLIST: Elegia – Who’s Joe? – Dream Attack – Disorder (Joy Division cover) – Ultraviolence – Behind Closed Doors – All Day Long – Shellshock – Guilt Is A Useless Emotion – Subculture – Bizarre Love Triangle – Vanishing Point – Plastic —ENCORE— Times Change – Your Silent Face – Decades (Joy Division cover)

Una malattia cronica chiamata britpop lo affligge dal lontano 1994 e non vuole guarire. Bassista fallito, ma per suonare da headliner a Glastonbury c'è tempo. Già farmacista, ha messo su la sua piccola impresa turistica. Scrive per Il Cibicida dal 2009.

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