Poco male, perché sul palco non c’è uno qualsiasi bensì un pezzo di storia dell’indipendente americano, qui per proporre i suoi lavori a firma Sun Kil Moon, nello specifico l’ultimissimo “Benji”, pubblicato da poche settimane e già serio candidato al titolo di miglior uscita dell’anno. E sarà proprio il nuovo album il protagonista indiscusso (e atteso) della serata.
Che Kozelek fosse un personaggio sui generis lo si sapeva e anche al Biko ne dà prova durante le due ore in cui intrattiene la platea milanese. Tra una polemica con chi, fra le prime file, lo disturba parlottando e un cenno alla propria recente ossessione per gli accoltellamenti (a suo dire dovuta alla visione della serie tv “True Detective”), fra una battutaccia su Ravenna (tappa precedente del tour italiano, definita una “cazzo di città di campagna”) e un amarcord sul suo pubblico (composto agli esordi da ragazze carine mentre negli ultimi tempi solo da uomini a caccia di autografi su poster e vinili), Kozelek mette in mostra tutte le sue contraddizioni umane prima che artistiche. Ora burbero, ora dotato di un sarcasmo tagliente, di certo mai noioso neanche durante un’accordatura di chitarra che dura più del previsto.
Nel mezzo, le storie che narra con una sensibilità più unica che rara e una semplicità fatta di voce e pochi accordi di acustica che fanno splendere ancor più il songwriting. C’è il ricordo del padre in I Love My Dad, c’è la storia della sua maturazione umana e sentimentale in Dogs, stralci di vita come in I Watched The Film The Song Remains The Same o Carissa, Richard Ramirez Died Today Of Natural Causes e la struggente Micheline, tutte legate a momenti particolari dell’esistenza dell’autore. Tutti brani nuovi, da “Benji”, fatti della stessa dirompente forza espressiva di sempre.
Non c’è spazio per l’ormai mitologico passato coi Red House Painters e forse è giusto così: il quasi cinquantenne Mark Kozelek non è più il portavoce di una band ma un cantautore navigato, che fa del proprio diario quotidiano il miglior strumento possibile, tanto da ritrovarsi quasi provato, a fine concerto, a trascinarsi giù dal palco in cerca di un meritato riposo. E noi con lui.