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The Jesus And Mary Chain @ Piazza Castello, Ferrara (19/07/2015)

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Il peggior caldo d’Italia un merito ce l’ha: condurre un concerto come quello dei Jesus And Mary Chain a Ferrara a una condizione primordiale, coi vapori di sudore a rendere tutto quasi animalesco. 40 gradi, fuochi fatui sul pavimento del Castello Estense, un rito da festeggiare, cappellacci di zucca e pasticcio ferrarese, “vino rosso della casa, grazie”. E una carta d’identità con molti più capelli e molti più brufoli. Quanto è passato da allora? Quanto è passato dall’ultima volta che i Reid suonarono in Italia? Ventitré anni. Anzi, qualcosa in meno, visto che, quella volta al City Square di Milano, era il 30 giugno del 1992. Erano i tempi di “Honey’s Dead”. Praticamente una vita fa. Nel frattempo il City Square ha cambiato nome tre volte e la band ha mollato la presa. Sì, ci sono stati dei bei momenti fino al 1998 di “Munki”, ma poi un profondissimo buco nero.

E allora oggi i Jesus And Mary Chain cosa ci raccontano? Quale mondo? Quale tempo? Il drappo rosso alle spalle della band, puntualissima on stage poco prima delle dieci, ci mostra la foto stilizzata di Jim e William quando ancora non avevano manco un pelo in faccia. Davanti ci sono le loro proiezioni trent’anni dopo in quello che è un affascinante cortocircuito temporale. Ecco, è questo oggi un concerto dei JAMC: un testacoda di lancette. C’è solo un’avvertenza, afferrate le frequenze giuste! Le frequenze per i Jesus sono tutto: ci entri, le cavalchi, le prendi a morsi… allora vi impasterete tra le note scure dei fratelli, altrimenti la magia non si materializza.

Si parte con April Skies e una ragazza dalla prima fila scappa via in lacrime. Forse sono quei cieli pregni e neri e quel pugno sullo stomaco che all’epoca, siamo nel 1987 di “Darklands”, era innanzitutto voglia (estetica e non) di fuggire via da certi luoghi. “The wind is screaming around the trees for my psycho candy” canta Jim nel singolo Psycho Candy. Appunto, luoghi immobili attorno e dentro di noi? Allora movimentiamoli con qualcosa di zuccheroso, l’unica cosa che riesce a colorare questa vita. Della pietra miliare “Psychocandy”, i cui 30 anni sono il motivo di questa serie di tappe dei Jesus, la band ci propone tutto il sacchetto acido nella seconda parte del live: dalla scurissima Never Understand all’epocale Taste Of Cindy fino al filamentoso amore malato di Just Like Honey: un totem dal volto di donna, mostruoso ma talmente fascinoso da ammaliare tutti noi e, certo, la carriera dei Reid inchiodati fatalmente a quel “listen to the girl, as she takes on half the world”. E quanto ci piace quell’amore fragilissimo mandato a schiantare contro il muro di suono: un manifesto, una tecnica, una frequenza, quella da acciuffare per restare dentro al racconto.

E la band, è vero, non sudava una goccia del caldo di Ferrara: Jim si muoveva candido nella sua camicia stirata e i riccioli di Willie non subivano scosse. Ma è tutto ok: quelli lassù erano i conducenti, la storia invece la raccontava l’inquietudine personale. Come sempre e ancora una volta.

SETLIST: April Skies – Head On – Blues From A Gun – Some Candy Talking – Psycho Candy – Up Too High – Nine Million Rainy Days – Reverence – Upside Down – – – – – – – Just Like Honey – The Living End – Taste The Floor – The Hardest Walk – Cut Dead – In A Hole – Taste Of Cindy – Never Understand – Inside Me – Sowing Seeds – My Little Underground – You Trip Me Up – Something’s Wrong – It’s So Hard

 

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