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Morphine

I Morphine sono stati indubbiamente tra i gruppi più originali degli anni ’90. L’idea è quella di sovvertire le leggi del rock ricalibrandole su un blues primordiale e tenebroso. La formazione è già di per sé fuori dal comune: Sandman si mette in spalla il suo basso slide a due corde (da lui inventato) e la sua voce ubriaca, Colley viene col suo sax baritono, Conway e Deupree si alternano, nel tempo, alla batteria. Quello di fondo è un connubio complesso, tra basso e sax baritono, difficile da gestire: eccola l’innovazione dei Morphine, far funzionare quest’incontro inconsueto all’insegna di un elegantissimo e notturno blues, dimentico, però, degli arabeschi mayalliani o claptoniani tra i ’60 e i ’70, e carico, piuttosto, dell’anti-retorica di fine ’80 e inizio ’90. “Grunge implicito”, dissero una volta i Morphine stessi, e, come spesso avviene, la definizione migliore è l’autodefinizione: la profondità del sax baritono e le allucinazioni strascicate di un basso incompleto devono sopperire all’assenza di chitarra, costruire un’energia violenta senza averne i mezzi, e che perciò decade in un andirivieni per le periferie di Boston, in un erotico, funereo, inno alla notte.

 

GOOD (1992)

I Morphine aprono le danze con il loro capolavoro. “Good” è un disco epocale, un album profondamente malinconico, dove s’incontrano la dannazione e la dimensione erotica, architettate su una batteria minimale e un ricordo dei Cure. La title track e You Look Like Rain sono brani pazzescamente sensuali, Have A Lucky Day e You Speak My Language accendono il disco tra giocosità e sperimentalismo noise/tribale/cacofonico, i testi tessono l’abissale cupezza che caratterizza tutto il lavoro. L’innesto tra il basso bicorde e gli assoli sotterranei di Dana Colley è avvenuto, Sandman può dichiararsi con la sua voce nera e ingoiata. Senza tecnicismi, i Morphine suonano come suonerebbe un bluesman amante dei Sonic Youth, poetano come un Baudelaire nato nel 1960.

Brano consigliato: You Look Like Rain – In breve: 5/5

 

CURE FOR PAIN (1993)

“Cure For Pain” dopo “Good” significa essere artisti. “Good” ha forse una marcia in più, ma il secondo album non è da meno, ed è, non ingiustamente, il loro disco più noto. A distinguerlo dal precedente è una maggiore eterogeneità, uno sperimentalismo più accentuato; emergono sprazzi di noise (Thursday) e chitarre acustiche protagoniste (Inspite Of Me): ciò comporta un album un po’ più vivace, ma forse meno compatto nell’atmosfera che va a costruire. Eppure, molto profondo: se “Good” era sensuale, “Cure For Pain” è ninfomane. Ancora un oscillare tra l’amore e la morte (I’m Free Now, Candy, Miles Davis’ Funeral), tra l’erotico e il cimiteriale, ma, soprattutto, qui, il costruire un jazz disilluso e follemente sessuale. Il suono e gli intrecci melodici sono manipolati in maniera perversa: musica dalla natura orfica.

Brano consigliato: Cure For Pain – In breve: 5/5

 

YES (1995)

Con “Yes” si chiude l’ideale trilogia del periodo massimo del gruppo statunitense. In realtà, questo capitolo è ben al di sotto degli altri due, sebbene conservi lo Yin sensuale e lo Yang macabro, sax e basso ormai marchio di fabbrica. “Yes” prosegue l’atmosfera di “Cure For Pain” più che quella di “Good”, dando più spazio al lato energico (Honey White, Sharks) e a quello seducente (Super Sex), mentre i brani lenti sono decisamente più ariosi (All Your Way). Di fatto non si aggiunge nulla a quanto detto nei lavori precedenti, “Yes” è apprezzabile, più che altro, come sigillo finale di trilogia, come buon lavoro di artigianato sonoro che conferma la vena notturna tipica dei Morphine.

Brano consigliato: All Your Way – In breve: 4/5

 

LIKE SWIMMING (1997)

Se in “Like Swimming” si sente una certa stanchezza compositiva, “Yes”, in qualche modo, c’aveva avvertito. Potremmo dire, forse, che se “Yes” era una conferma di “Cure For Pain”, allora “Like Swimming” è una conferma di “Yes”. Ma una conferma della conferma non soddisfa chi ha il palato abituato ai capolavori precedenti: reiterando melodie e concetti bene o male già saggiati, “Like Swimming” rischia di virare pericolosamente verso il pop. Sembra non ci siano tesori allucinogeni nascosti dietro le melodie di Potion e della title track, e il disco si presenta come una (godibile, certo) ripetizione di idee già sperimentate. Eccezioni che sollevano un po’ il tono ci sono, come i particolari effetti di Early To Bed e l’atmosfera tribale di Swing It Low. Ma alla fine rimane un po’ di amaro in bocca, qualcosa che poteva andare meglio.

Brano consigliato: Murder For The Money – In breve: 3,5/5

 

B-SIDES AND OTHERWISE (1997)

Di tutto altro tenore e obiettivo l’altro disco del ’97, che è precisamente una raccolta. Al di là delle versioni alternative di brani già editi, gli altri brani risultano interessanti sia a livello “quantitativo” che “qualitativo”. Quantitativamente per la presenza di brani magari non brillanti ma che si trovano fuori dal registro della band (come Bo’s Veranda e il protagonismo della chitarra acustica che ne è cardine), qualitativamente per la presenza di brani assolutamente d’avanguardia, come Down Love’s Tributaries (tra suite noise e recitativo), Sunday Afternoon Weightless (soliloquio di jazz nevrotico e sperimentale da parte di Colley), My Brain (chiusura macabro-teatrale del disco). “B-Sides And Otherwise” è forse un diamante coperto di fango: diamante nell’alto tasso di sperimentalismo, fango nella presenza di alcune tracce trascurabili. Forse rimane un disco per filologi e spulciatori, nella sua comunque evidente disomogeneità, ma almeno dà del filo da torcere al manierismo del coevo “Like Swimming”.

Brano consigliato: Down Love’s Tributaries – In breve: 4/5

 

THE NIGHT (2000)

Quando Sandman morì a Palestrina il 3 luglio 1999, nessuno se lo aspettava. E nessuno si aspettava, perciò, di ascoltare così presto un disco postumo, qual è “The Night”. La storia dei Morphine non poteva che chiudersi con un album tetro e, ancora, notturno. La formula del grunge implicito non è qui alterata (elegante, sensuale, cimiteriale), compresi gli accenni di sperimentalismo (So Many Ways, Rope On Fire), ma la potenza persa in “Like Swimming” è qui recuperata. Certo, il contesto fa la sua parte, ma l’atmosfera funerea è qui palpabile e ricorda gli album degli esordi, pur non raggiungendone in toto l’efficacia. L’album “The Night” è sepolcro e testamento, epicedio coerente di una carriera, la canzone The Night, bellissima, e i suoi archi, sono la parola “fine” più adeguata alla storia dannata e sublime di un gruppo indipendente nel senso profondo del termine, di una voce listata di nero.

Brano consigliato: The Night – In breve: 4/5

Antonio Francesco Perozzi è meravigliato dall'esistenza. Perciò, cerca di darsi da fare in ogni campo che tratti l'essere umano come un problema da scandagliare. Recita un po' di rock nei suoi Nefas, scrive romanzi e poesie, ma trova più domande che risposte.

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