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Agrimonia – Awaken

Sul preistorico terreno di battaglia che vede contrapposti i concetti di qualità e quantità, difficilmente conciliabili in quasi tutti i campi dello scibile umano, da circa una decade gli Agrimonia parteggiano con ostinazione per entrambe le fazioni, e lo fanno con ottimi risultati.

La band di Göteborg, progenie di uno dei contesti metallici più attivi degli anni ’90, basa le fondamenta nelle melodie arcigne che resero grandi tutti gli esponenti del melodic death svedese; legittimata oltretutto dalla presenza nelle proprie fila di chi al genere ha inizialmente dato forma e poi svezzato su palcoscenici mondiali, quello stesso Martin Larsson (At The Gates) che ha messo la propria firma a un capolavoro indiscusso qual è “Slaughter Of The Soul”.

Qualità dunque, data la più che buona resa di ogni lavoro della band, ma anche quantità dato che il suono degli Agrimonia si sviluppa nell’intreccio di diverse correnti complementari, ognuna con un peso ben definito ma ugualmente basilare nel formare identità e carattere del quintetto scandinavo. Awaken è il disco della definitiva maturità. Smussati gli angoli più estremi di un songwriting che complesso è dir poco, le differenti influenze si trovano ad amalgamarsi con piacevole linearità rendendo l’ascolto semplice e per nulla impegnativo, decisamente in contrasto con la mole di soluzioni proposte.

Liberatisi di una componente doom forse troppo ingombrante per lo sviluppo di un sound dalle ampie vedute, la commistione di generi così differenti tra loro crea un output ricco, completo e mai scontato. C’è tutta la verve del crust nelle lunghe strofe degli Agrimonia, riff di matrice sludge e sfuriate degne del black primordiale, caratteristica cardine di gran parte del primordiale metallo svedese. Le melodie sono notevoli e spesso trovano collocazione in ampi arrangiamenti eterei, come ad esempio in Astray piuttosto che nella fantastica Foreshadowed, un brano che non avrebbe sfigurato (in parte) su un LP come “Deliverance” degli Opeth.

La conclusiva The Sparrow, per chi scrive l’altro gran pezzo di “Awaken”, dopo un lungo intro che strizza l’occhio al post metal si esprime in un incedere che ricorda davvero molto gli At The Gates nei loro anni migliori, il tutto guidato in modo sublime dal timbro di Christina Blom, singer dotata di uno screaming così mascolino e di livello che nulla ha da invidiare ai colleghi dell’altro sesso.

È intrigante immaginare quale evoluzione possa avere in futuro un insieme di idee tanto avvincente quanto di difficile gestione. Se proprio dovessi trovare un difetto nella musica degli Agrimonia direi che gli stessi intermezzi che comunque donano profondità all’insieme sono al contempo il sistema più semplice di legare diverse lezioni di stile, che in tracce da dieci minuti risultano a tratti mero palcoscenico di un virtuosismo compositivo che pecca in cattiveria rispetto al passato.

Fantasticherie a parte, Southern Lord con i suoi Agrimonia comincia il 2018 con un disco che non faticheremo a ritrovare tra i top a fine anno, se non altro per chi si ciba continuamente di soluzioni nuove e originali. Applausi.

(2018, Southern Lord)

01 A World Unseen
02 Astray
03 Foreshadowed
04 Awaken
05 Withering
06 The Sparrow

IN BREVE: 4/5

Da sempre convinto che sia il metallo fuso a scorrere nelle sue vene, vive la sua esistenza tra ufficio, videogames, motociclette e occhiali da sole. Piemontese convinto, ama la sua barba più di se stesso. Motto: la vita è troppo breve per ascoltare brutta musica.

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