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Alison Goldfrapp – The Love Invention

Se c’è una cosa che Alison Goldfrapp da Enfield, UK non è mai stata è noiosa. Neanche quando era una vocalist senza un outfit, pronta a contribuire a brani degli Orbital o di Tricky, mai un secondo di noia. Per non parlare di quell’esordio di ventitré anni fa con i Goldfrapp (lei e Will Gregory) che fece scrivere una delle più imbarazzanti recensioni che la storia della critica musicale ricordi a Matt LeMay di Pitchfork, sbroccato come tutti noi, uomini o donne che fossimo, per la inenarrabile sensualità di questa eccellente chanteuse ma anche per l’eccellente qualità dell’album – “Felt Mountain” (2000), per chi non ricordasse – musica e testi; un album peculiare, originale, unico. E nella sua carriera ha sempre continuato, spaziando tra vari generi assieme al partner musicale, a non proporre mai nulla di banale, magari brutto come “Head First” (2010), ma banale no, mai.

Sorprende quindi questo pur acclamato The Love Invention non tanto perché sia brutto, inascoltabile o mal scritto. No, la vera, quasi incredibile sorpresa è la scioccante mediocrità dei testi (“Only love can make you feel alive”, “I know it’s kinda crazy but it’s true / I’m only in this world if it’s with you”) e la genericità non solo dei brani, ma persino della produzione, che sterilizza una delle voci più sensuali della storia del pop per farne una sorta di cantante house anni ’90 senza faccia o personalità. Se i parametri di un buon pezzo dance sono la ballabilità e la memorabilità, qui di pezzi che risaltino per uno dei due parametri ce ne sono realmente pochissimi; anzi, ad essere precisi il pezzo migliore è una sorta di ballata elettronica (SloFlo) che chiude l’album.

Eppure con “Oh La La” nell’ormai lontano 2005 o con “Strict Machine” nel 2003 Goldfrapp aveva dimostrato di conoscere bene come far muovere i culi con qualcosa di memorabile ed originale. Ci troviamo qui invece di fronte a molti brani in tempo medio la cui melodia sfugge via un secondo dopo la fine del pezzo, e a un album che, dance per dance, prende la paga da Jessie Ware con il suo “That! Feels Good!”, che centra l’obiettivo in maniera puntuale e precisa, vincendo il derby North vs South London con un perentorio 0-3. Ma il peccato capitale di “The Love Invention” non è la scrittura, e non è nemmeno la carenza di bombe per il dancefloor: è invece l’aver preso una cantante unica e averla trasformata in una delle tante. E chi tesse le lodi di quest’album dovrebbe provare a chiudere gli occhi e dimenticare che quella che sta ascoltando sia la divina Alison Goldfrapp. Con una produzione del genere (a cura di Richard X in collaborazione con la stessa Goldfrapp) non dovrebbe essere un esercizio difficile.

2023 | BMG

IN BREVE: 2,5/5

Reverendo Dudeista, collezionista ossessivo compulsivo, avvocato fallito, musicista fallito. Ha vissuto cento vite, nessuna delle quali interessante. Scrive per Il Cibicida da un numero imprecisato di anni che sarebbe precisato se solo sapesse contare.

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