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Arcadea – The Exodus Of Gravity

Cinque miliardi di anni nel futuro. La gravità non è più un vincolo: è un ricordo, un’eco. È in questo spazio senza peso che gli Arcadea tornano a orbitare e il loro nuovo viaggio si chiama The Exodus Of Gravity. Un titolo che già racconta tutto: un’uscita di scena dal mondo fisico, un passo avanti verso un universo interiore, danzante, pulsante. Il trio di Atlanta, Core Atoms, alchimista di synth e macchine vintage, Brann Dailor (sì, proprio lui, la voce e la batteria dei Mastodon) e João Nogueira, architetto di suoni sintetici, non si limita a costruire brani: fabbrica mondi. Dopo l’esordio del 2017, gli Arcadea si reinventano con un disco che trasforma la psichedelia in materia danzante, groovy e al tempo stesso visionaria. Non più soltanto prog, non più soltanto rock elettronico: qui si respira l’idea di una festa cosmica, un rave stellare che vibra tra distopia e speranza.

“Volevamo essere più dance, più divertenti”, dice Dailor. Missione compiuta: “The Exodus Of Gravity” è un album che invita a muoversi, ad abbandonare la rigidità terrestre. È come se gli Arcadeaavessero preso la pesantezza del metal e l’avessero smaterializzata in energia pura, in un flusso che non conosce gravità. Il disco si sviluppa su dodici tracce esplosive, ognuna una costellazione sonora: Il primo impatto è Dark Star, che non lascia dubbi: un battito oscuro, propulsivo, quasi un lancio orbitale. Non c’è melodia nel senso classico del termine, ma c’è un’energia che ti trascina dentro, con i synth a ruggire come chitarre distorte e la batteria che scandisce il tempo come un motore cosmico. È un brano che sembra voler dichiarare subito le regole del gioco: qui non si cercano canzoni “tradizionali”, ma esperienze immersive. Potrebbe funzionare bene come colonna sonora di fantascienza, cyberpunk o animazioni psichedeliche.

Il viaggio prosegue con Fuzzy Planet, e qui si cambia atmosfera. È come atterrare su un mondo instabile, dove tutto vibra e ondeggia, saturo di distorsioni, fuzz, texture sonore che non stanno mai ferme. È volutamente caotico, disturbante, alieno. Non si tratta di trovare chiarezza, ma di abbandonarsi a una massa sonora che ti avvolge e ti spinge a lasciar andare i punti di riferimento. Se Dark Star era il portale, Fuzzy Planet è il primo vero paesaggio alieno che incontriamo. Con Gilded Eye si entra in una dimensione più cupa e drammatica. I synth prendono il posto delle chitarre, ma con la stessa potenza: distorti, abrasivi, sostenuti da linee di basso profonde che danno corpo al groove. Qui la tensione si costruisce lentamente, con progressioni armoniche che rafforzano il senso di urgenza, come se qualcosa stesse per accadere da un momento all’altro. È un brano che ti lascia in sospeso, con lo sguardo rivolto verso un orizzonte che sembra non finire mai.

Poi arriva Silente Spore, che rappresenta quasi un ritorno all’introspezione. Qui la furia lascia spazio a un’atmosfera ipnotica e avvolgente. I synth si stratificano creando un paesaggio liquido, psichedelico, meno martellante ma più visionario. È un brano che invita a contemplare, a perdersi, a immaginare. La potenza rimane, ma si fa più sottile, più atmosferica: non un’esplosione, ma una sospensione. Il viaggio si conclude con Planet Pounder, che è pura energia. Il titolo dice già molto: un brano che picchia duro, diretto, senza compromessi. I synth e la batteria costruiscono un muro sonoro che non concede tregua, una tempesta elettronica che ti investe e ti trascina via. Eppure, nonostante la densità e il volume, riesce a mantenere un dinamismo che evita la monotonia. È il momento più fisico del disco, quello che ti scuote e ti ricorda che gli Arcadea vogliono vedere il pubblico muoversi, non restare immobile.

Nel complesso “The Exodus Of Gravity” è un disco che non ha paura di essere eccessivo, sporco, rumoroso, a tratti caotico. Ma proprio in questo sta la sua forza: non è pensato per rassicurare, bensì per destabilizzare, per scuotere, per farti immaginare un futuro dove umani e macchine, emozione e tecnologia, danza e psichedelia convivono in un’unica visione. Gli Arcadea hanno preso la lezione del prog e del metal e l’hanno proiettata in un universo elettronico che guarda avanti, con il ritmo come bussola e l’estasi cosmica come orizzonte. È un album che invita a staccarsi da terra, a lasciare che la gravità faccia davvero il suo esodo e a perdersi in un ballo senza peso, dentro l’infinito.

2025 | Relapse

IN BREVE: 3,5/5

Classe '64. Nella vita faccio un sacco di cose rispettabili: pubblico libri per adulti e bambini, gestisco un blog letterario e faccio finta di sapere sempre dove sto andando. Eddie Vedder è mio fratello d’anima. Se fossi un animale, sarei un cane che dorme. Do Not Disturb.
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