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Calexico – Algiers

Un giorno ci piacerebbe che i Calexico volassero in Algeria a fare un disco. Magari registrandolo in una vecchia camera d’hotel, traendo ispirazione dai rituali da narghilè all’aperto e con un mucchio di strumenti portati in dono da tuareg del deserto. Non sarebbe male. Per il momento però accontentiamoci del fatto che quell’Algiers che titola il loro ritorno a quattro primavere da “Carried To Dust”, sia solo il nome di un quartiere di New Orleans, niente Algeri, niente Africa, no. “Solo” New Orleans, si fa per dire… Perché da Tucson, dal deserto, dalle scorribande su terra rossa, a questa profumatissima (e rinata) baia della East Coast, il passo è grande. Joey Burns e John Convertino, ad esempio, scoprono il mare e lo celebrano con le belle onde schiumose in copertina. “Algiers” così è un disco brillante, arioso, spumeggiante. Un disco dalle belle colorazioni: si parte da Epic con fiati, cori, pianoforti, si parte con l’euforia di Splitter. E i Calexico, da quest’altro versante degli Stati Uniti, si divertono un casino col pop: pezzi “leggeri”, sincopati, con le trombe a fare irruzione al momento giusto. Attenzione però, non che la band si sia dimenticata delle origini. L’Arizona che si nutre della terra messicana, il pueblo, i bambini che indossano berretti da baseball mentre giocano a palla purhépecha e le madri che preparano burrito per mariti impegnati a vedere il super bowl, sono sempre lì nell’immaginario, ibrido, del duo di Tucscon. Ecco quindi brani come Puerto, No Te Vayas e Algiers, tutti poggiati su un vasetto di ceramica “latina”, tutti con un’eco molto forte. E le ballate? Non mancano. Fortune Teller, Para ci riportano a qualche atmosfera nera di “The Black Light” senza che questi notturni rimangano schiacciati dal difficile confronto. Il mare dicevamo. Si sente il mare in questo nuovo disco dei Calexico. Si sente nei risucchi di una conchiglia folk come Hush, si sente in un messaggio custodito in bottiglia come The Vanishing Mind. Perché il mare, si sa, è l’ultima speranza di ogni uomo, perché offre sempre un orizzonte da vaneggiare. E poi unisce: messicani, americani, tutti senza distinzione. Che ci si trovi in California, a Tijuana, a New Orleans o in ufficio, chiusi nel traffico di una città o nell’abbraccio di un’alba chiarissima. E’ sempre lì, il mare. Confortante.

(2012, City Slang)

01 Epic
02 Splitter
03 Sinner In The Sea
04 Fortune Teller
05 Para
06 Algiers
07 Maybe On Monday
08 Puerto
09 Better And Better
10 No Te Vayas
11 Hush
12 The Vanishing Mind

A cura di Riccardo Marra

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