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Cave Singers – No Witch

Certi suoni non passano mai di moda, anzi, attualmente fanno proprio tendenza. La tradizione folk americana sta attraversando un periodo di rifioritura grazie a numerosi solisti e gruppi che ne allungano il filo conducendolo fino a noi, e il loro proliferare è in gran parte dovuto al favore di un pubblico ormai libero dalle costrizioni all’ascolto imposte un tempo da tv e radio conniventi con l’ormai obsoleto establishment delle major; internet consente lo scambio e la conoscenza di linguaggi musicali spesso relegati agli angoli perché ritenuti poco fruttuosi dagli strateghi del marketing. Sono le label indipendenti quelle che promuovono il genere con gruppi come i Cave Singers da Seattle, che giungono alla prova del nove, ovvero la fatidica terza prova in studio con No Witch, primo lavoro licenziato dalla sempre attenta Jagjaguwar dopo i trascorsi presso Matador. Il trio, come avrete capito dal prologo, si sintonizza sulle frequenze di un folk-rock radicalmente americano e venato di blues che con i (quotati) concittadini Fleet Foxes non spartisce soltanto la collocazione geografica. Molto fingerpicking, molte atmosfere pastorali e da granaio, “No Witch” non riserva invero nessuno stravolgimento per il genere, ma lascia intravedere una genuinità apprezzabile ed una oculata capacità di miscelazione degli ingredienti. Dal Neil Young rustico di Gifts And The Raft passando per le eco di Lynyrd Skynyrd e Marshall Tucker Band dell’ottimo singolo Clever Creatures, finendo per toccare lo spirito dei Jefferson Airplane in Haller Lake, i Cave Singers rivelano diversi gradi di parentela con storici nomi del rock bucolico a stelle e strisce (ma anche inglesi), sconfinando persino nel brio ritmico del country in All Land Crabs And Divinity Ghosts. Piace l’impeto irriverente del blues alla White Stripes di Haystacks (con coro gospel a far da contraltare al cantato ruvido di Pete Quirk) e là dove sbocciano i fiori di un sitar ci si avvicina al Derek Trucks più ascetico (Outer Realms), ma anche ai lisergici Rolling Stones sessantottini (quelli di “Sympathy For The Devil”, per intenderci: Faze Wave). In Swim Club emergono piccole bolle di tristezza e desolazione che vengono poi sommerse per tornare ad adagiarsi sul fondo, Black Leaf è un ruspante voodoo rock alla maniera dei Led Zeppelin, Falls è un blues metonimico che quasi si trasforma in fanfara tra tromboni, hammond e cori gospel. La casa consiglia.

(2011, Jagjaguwar)

01 Gifts And The Raft
02 Swim Club
03 Black Leaf
04 Falls
05 Outer Realms
06 Haller Lake
07 All Land Crabs And Divinity Ghosts
08 Clever Creatures
09 Haystacks
10 Distant Sures
11 Faze Wave
12 No Prosecution If We Bail

A cura di Marco Giarratana

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