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Climat – Iccopoc Papillon

iccopocpapillonUn bel condensato di math rock, noise, schegge jazzy, post rock e tutto l’assolutamente strumentale quello che i francesi Climat iniettano nel nuovo album, Iccopoc Papillon, dieci “argomenti” sonici che prendono per la collottola e trascinano nei propri gorghi amperici senza pensarci due volte, una scarica atmosferica che se ascoltata a tutto loud tramortisce i sensi.

Si potrebbero avvicinare stilisticamente ai Karate, ai Sonic Youth, ai Jaga Jazzist o alle schizofreniche evoluzioni dei Fugazi, ma sostanzialmente il sound della formazione tira dritto in una personalissima circumnavigazione elettrica che riproduce in tutto e per tutto una immensa pulsione a “rumoreggiare” e nutrire di convulsioni lo spirito dell’ascoltatore.

Disco da decantare per alcuni giri prima di assaporarlo in tutta la sua struttura, ma poi l’attesa si scioglie in un perfetto marasma sensoriale e nel momento in cui scattano le ire del basso elefantino di Cactus 173, l’epilessia cromatica di Malabar, quel filino di grunge inaspettato in Barracuda o la psichedelica volante emanata da Bird Color Inside, tutto si gonfia, tutto respira l’afflato sintomatico di grandeur.

(2016, Climat / Syncope)

01 Surpiqûre orange
02 Cactus 173
03 Malabar
04 Clmt seg. 7
05 Correspondance anonyme
06 Pièces détachées
07 Barracuda
08 Promis, demain j’arrête
09 Clmt seg. 5
10 Bird Color Inside

IN BREVE: 3/5

Giornalista e critico musicale da tempo, vivo nella musica per la musica, scrivo di suoni, sogni e segni per impaginare gli sforzi di chi dai sistemi sonori e dalle alchimie delle parole ne vuole tirare fuori il ritmo vitale dell’anima.

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