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Crocodiles – Boys

boysI Crocodiles da San Diego, (Charles Rowell e Brandon Welchez), nel corso degli anni hanno indubbiamente dimostrato di stare sempre sul pezzo, nonostante il loro accostamento a cugini di serie B dei più blasonati Jesus And Mary Chain, il duo ha avuto sempre l’occasione giusta per farsi apprezzare ovunque e, se anche il loro arena-rock ha affievolito di molto l’appeal, seguitano a creare quelle atmosfere pop-punkies devitalizzate che si lasciano cullare nella dimensione di un convincimento non male.

Boys è il quarto disco in sei anni di carriera, una decina di brani che vanno a contrattare una variegata sequenza timbrica che non annoia mai, un sound generale che richiama intorno a sé feedback, feeling e i soli della loro terra, brani che hanno spinto i piani alti del mainstream a riconsiderarli e acclamarli come meritano davvero. Nelle intenzioni del disco non ci sono velleità a spaccare hit o scalare chart verticali, ma di arricchire e – a suo modo – trasfigurare il classico ascolto consequenziale, evitare l’ovvio e glissare – finche possibile – i luoghi comuni dell’ascolto. E in gran parte il tutto centra l’obiettivo, magari rimane fuori qualche frangia marginale ma si può stare tranquilli, quello che suona forte viene a galla in tutta la sua energia indipendente.

La sensualità col jack di Crybaby Demon, Hard e Blue, uno scanzonato pop brioso in Do The Void e Kool Tv, certi Dinosaur Jr che bazzicano in Transylvania e il momentaneo déjà vu seventies che inebria Don’t Look Up, questa la “parata” dei morsi sonici principali di questi Crocodiles, che seguitano a piacere e non fanno tirare fuori “una lacrima”. Provare per credere.

(2015, Zoo Music)

01 Crybaby Demon
02 Foolin’ Around
03 Do The Void
04 The Boy Is A Tramp
05 Hard
06 Blue
07 Kool Tv
08 Peroxide Hearts
09 Transylvania
10 Don’t Look Up

IN BREVE: 4/5

Giornalista e critico musicale da tempo, vivo nella musica per la musica, scrivo di suoni, sogni e segni per impaginare gli sforzi di chi dai sistemi sonori e dalle alchimie delle parole ne vuole tirare fuori il ritmo vitale dell’anima.

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