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David Bowie – Toy (Toy:Box)

Sembra difficile da immaginare oggi, ma David Bowie, quel Bowie che ci ha dato fino al suo ultimo respiro capolavori immortali, quel mutevole genio che ci ha dato almeno un capolavoro per decade dagli anni ’60 fino alla sua scomparsa, ha avuto un inizio di carriera più o meno fallimentare. E non parliamo di qualche tentativo fallito, ma di cinque fallimentari anni in cui il giovane Davie Jones (nome poi sostituito per evitare confusione con Davy Jones dei Monkees, a quel tempo di grandissimo successo) provava con vari outfit rock/blues a “diventare il loro Mick Jagger”, con scarsissime fortune. No, non disperare caro lettore, sai bene che questa è una storia a lieto fine; ma non è del capitolo preistorico che ci occuperemo, bensì dell’inizio del nuovo millennio.

Dopo anni di altalenanti fortune di critica e pubblico e di appassionanti esperimenti, il Duca Bianco ha ritrovato il fuoco (se non l’apprezzamento della critica gggiovane, che lo vedeva come un dinosauro) con il bellissimo “Hours…” del 1999, e questa fiamma lo ha portato a uno dei tour migliori della sua carriera, con una straordinaria band e una rinnovata voglia. E questa rinnovata voglia e questa straordinaria band avevano bisogno di affrontare quei cinque anni di buio e scardinarli, portarli in uno studio, tirarli fuori con quella nuova luce e farli immediatamente uscire come album, anticipando quella che è oggi una pratica abbastanza comune, cioè quella del “surprise album”.

Ma, se qualcuno ancora oggi si stesse chiedendo come mai le grosse etichette discografiche siano state rapidamente soppiantate da streaming e altre tecnologie digitali, ecco la chicca: la EMI non era in grado di pubblicare quell’album nei tempi richiesti da Bowie. Troppi cazzi da sbrigare, troppi ingranaggi da oliare; e poi l’etichetta era in grossi problemi finanziari e, con la lungimiranza che li ha costretti poi a mangiare la polvere, decise prima di posticipare e poi annullare l’uscita di Toy. È divertente osservare come quegli stessi ingranaggi, trentacinque anni prima, fossero oliati costringendo gli artisti a pubblicare un nuovo disco al massimo ogni sei mesi, spremendo gli artisti fino all’esaurimento, ma questa è una storia per un altro giorno.

Oggi, invece, le pubblicazioni d’archivio delle leggende del rock sono un gingillo di lusso che va abbastanza di moda: tiratura limitata con lussureggianti confezioni e libretti con revisioni storiche del materiale e foto d’archivio, e il resto va sui servizi di streaming, senza spendere neanche un granché di promozione. Questo significa, in primo luogo, una sovrabbondanza di materiale edito e che noi, l’ascoltatore, daremo probabilmente meno importanza a questi gingilletti.

Un tempo le quarantamila lire necessarie ad acquistare un singolo CD (un triplo box del genere sarebbe costato intorno alle sessanta/settanta) erano un sudato bottino e, se spesi in un compact disc, a quel disco avrebbero dato un significato importante, che era una scelta tra quello e non solo centinaia di altri album, ma a qualunque altra cosa quei soldi avrebbero potuto comprare. Quindi gli davi importanza. “Toy” arrivò, o meglio sarebbe dovuto arrivare, al crollo di quell’epoca, ed è un peccato che ne fu impedita l’uscita, perché Bowie (e l’eccellente band al seguito, capitanata da Earl Slick, Gale Ann Dorsey e Mike Garson) sono in forma smagliante; sarebbe stato un probabilissimo successo in classifica – un’ennesima decisione sbagliata dei vertici di una major in quel periodo.

Bowie credeva in quei pezzi, anche quando fallirono, e ad essi dà una nuova linfa vitale, riarrangiandoli e producendoli in chiave moderna: si prenda ad esempio Can’t Help Thinking About Me, lontana parente dell’esordio a nome Bowie (e totale flop, come tutti i singoli che la precedettero) che era un allegro pop di influenza mod, qui moderna, tesa, raffinata. Ma la stessa sorte tocca anche al resto dei brani pre “Space Oddity”, con la parte del leone fatta dalla meravigliosa Silly Boy Blue, originariamente apparsa sull’esordio long playing (“David Bowie”, 1967); non ci sono pezzi deboli, cosa che non si direbbe ascoltando gli originali, ed è una ricca sorpresa il terzo CD del box, ovvero un remix dell’intero album in versione semi-acustica, una delicata chicca che migliora alcuni dei brani ancora quel tantino in più per renderli superlativi.

In definitiva, “Toy” è un degno album nel canone Bowiano, a dirla tutta forse anche migliore di “Heaten” (2002) o “Reality” (2003), che lo vedono in gran forma come performer ma probabilmente non al meglio come autore; ma, grazie all’incompetenza dei dirigenti EMI dell’epoca, travolti dal turbinio delle novità tecnologiche ed incapaci di smarcarsi dalle patetiche, farraginose, improduttive ed offensive pratiche dell’epoca, rimarrà una nota a margine nella carriera di Bowie, sottolineata come leak online del 2011 (quando qualcuno condivise sui programmi peer to peer una copia di mix incompleti di brani che ritroveremo qui e b-side di “Heaten”) e dimenticata nella marea di box e ristampe che oggi, postume, sommergono il mercato e annoiano il fruitore, il consumatore distratto. Perché, paradossalmente, di questo si tratta da quando la musica si reperisce gratis: di consumatori, di gente che clicca. E, perdonateci il discorsone da boomerone, forse era quasi meglio prima.

(2022, Parlophone)

DISC 1 – Toy
01 I Dig Everything
02 You’ve Got A Habit Of Leaving
03 The London Boys
04 Karma Man
05 Conversation Piece
06 Shadow Man
07 Let Me Sleep Beside You
08 Hole In The Ground
09 Baby Loves That Way
10 Can’t Help Thinking About Me
11 Silly Boy Blue
12 Toy (Your Turn To Drive)

DISC 2 – Alternatives & Extras
01 Liza Jane
02 You’ve Got A Habit Of Leaving (Alternative Mix)
03 Baby Loves That Way (Alternative Mix)
04 Can’t Help Thinking About Me (Alternative Mix)
05 I Dig Everything (Alternative Mix)
06 The London Boys (Alternative Version)
07 Silly Boy Blue (Tibet Version)
08 Let Me Sleep Beside You (Alternative Mix)
09 In The Heat Of The Morning
10 Conversation Piece (Alternative Mix)
11 Hole In The Ground (Alternative Mix)
12 Shadow Man (Alternative Mix)
13 Toy (Your Turn To Drive) (Alternative Mix)

DISC 3 – Unplugged & Somewhat Slightly Electric
01 In The Heat Of The Morning
02 I Dig Everything
03 You’ve Got A Habit Of Leaving
04 The London Boys
05 Karma Man
06 Conversation Piece
07 Shadow Man
08 Let Me Sleep Beside You
09 Hole In The Ground
10 Baby Loves That Way
11 Can’t Help Thinking About Me
12 Silly Boy Blue
13 Toy (Your Turn To Drive)

IN BREVE: 4/5

Reverendo Dudeista, collezionista ossessivo compulsivo, avvocato fallito, musicista fallito. Ha vissuto cento vite, nessuna delle quali interessante. Scrive per Il Cibicida da un numero imprecisato di anni che sarebbe precisato se solo sapesse contare.

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