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Dredg – Chuckles And Mr. Squeezy

Ok, non bisogna sentirsi stupidi ad ammetterlo: l’idea che si tratti di uno scherzo o di un errore resta l’ipotesi più accreditata almeno fino all’ascolto della traccia numero quattro, che per un’ironica coincidenza s’intitola Somebody Is Laughing. Poi, pian piano, una tragica consapevolezza prende piede, ed è in quel momento che ti accorgi che a sorridere sei tu e non qualcun altro, come canta Gavin Hayes. E quel sorrisetto (quello sì stupido) stampato sul volto si trasforma rapidamente in smorfia di disappunto. Perché i Dredg ce li ricordavamo diversi. Di più, ricordavamo fossero tutt’altra band. Non che il precedente “The Pariah, The Parrot, The Delusion” (2009) abbia rappresentato chissà quale fulminazione sulla via di Damasco, ma diciamo che almeno qualche spunto degno di nota c’era. C’era, soprattutto, un seppur minimo punto di contatto con quel “Catch Without Arms” del 2005 che aveva segnato l’apice compositivo e allo stesso tempo commerciale della formazione californiana. Chuckles And Mr. Squeezy, invece, riporta sugli scaffali dei negozi il nome della band senza riportarne l’essenza: addio a quel alternative-rock ricercato che aveva affascinato larga fetta di critica, addio alle prove vocali potenti e pulitissime di Hayes, addio alle chitarre al fulmicotone. Addio ai Dredg, insomma. Fatta eccezione per Kalathat, brano chitarra e voce che pur non essendo un capolavoro fa quantomeno il favore di non infastidire, e la conclusiva Before It Began, le rimanenti tracce si dividono fra pop passionale a là Culture Club e malfatto citazionismo eighties di band come Soft Cell o The Human League. Ma, ad essere onesti, neanche questi paragoni reggono, perché le band qui citate hanno avuto ed hanno una dignità artistica di tutto rispetto, esulando da quelli che sono i meri gusti personali. Questi Dredg, invece, sembrano non avere la minima idea di ciò che stanno facendo. Megalomania? Delirio di onnipotenza? Troppi dollari nel conto in banca? Probabilmente un po’ di tutto ciò. E quello che si meritano è una valutazione bassissima che una manciata di anni fa non ci saremmo mai sognati di poter loro infliggere.

(2011, Superball Music)

01 Another Tribe
02 Upon Returning
03 The Tent
04 Somebody Is Laughing
05 Down Without A Fight
06 The Ornament
07 The Thought Of Losing You
08 Kalathat
09 Sun Goes Down
10 Where I’ll End Up
11 Before It Began

A cura di Emanuele Brunetto

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