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Foo Fighters – Wasting Light

I Foo Fighters ci hanno ormai abituati a questi album con tre quattro canzoni di buon livello e le restanti a mantenersi faticosamente a galla nel mare magnum della mediocrità. Non sono mai stati dei campioni, diciamolo senza ipocrisie, e gran parte dei successi commerciale e mediatico li si deve ai gloriosi trascorsi di Dave Grohl, il quale compie autentici prodigi rock quando suona la batteria nei dischi degli altri (dobbiamo ricordarvi le sue performance con Queens Of The Stone Age e Killing Joke, ad esempio?), ma quando compone del materiale per la sua multimilionaria band fa, spesso e volentieri, dei gran bei buchi nell’acqua. Wasting Light non si sottrae a quella che è quindi una costante della combriccola americana, ovvero piazzare le cose migliori all’inizio per poi evidenziare tutti i limiti creativi sulla lunga distanza. Come da copione, “Wasting Light” parte bene: Bridge Burning e il duo Rope – White Limo hanno seriamente un tiro da manuale coniugando melodie ruffiane a del buono ed energico rock radiofonico; l’ultima delle tre è una delle canzoni migliori che i Foos abbiano mai concepito, con quel suo irriverente appeal motorheadiano (non è un caso se il mitico Lemmy compaia nel video). Qualcosina di meglio con Dear Rosemary si poteva pur fare, ma ci si mantiene intorno a livelli sufficienti, così come nell’immancabile power-ballad che rivanga la formula del successone “Times Like These”, ovvero These Days (a quanto è dato a vedere, il campionario di parole e concetti è sempre lo stesso). Da Back & Forth sino alla fine, “Wasting Light” non propone più alcunché per cui valga la pena dilungarsi: canzonette disimpegnate impregnate di potenza fittizia e perfette per adolescenti alla spericolata scoperta del rock, che a certe età passa inevitabilmente per i pesci grossi, chi non ci è passato? Un po’ di spirito punk-rock d’alta classifica (A Matter Of Time), qualche cenno hendrixiano-kravitziano in Miss The Misery, tutta la seconda sezione dell’album è un rimestare i luoghi comuni di quella tipologia di rock commerciale denominato, con assoluta blasfemia, “post-grunge”, e che ha partorito campioni di nulla artistico del calibro di Nickelback e Puddle Of Mudd (e di cui i Foos sono in parte padri ispiratori). Si scade poi nei consueti luoghi comuni tristo-sentimentali in I Should Have Known, col redivivo Krist Novoselic che appare per magia a far non si capisce cosa. Se pensavate che i Foo Fighters potessero redimersi dopo diciotto anni di carriera radicata sul consueto e consunto schemino dell’easy-rock, vi sbagliavate di grosso. Lasciamo “Wasting Light” a chi non ha grandi pretese dalla musica.

(2011, RCA)

01 Bridge Burning
02 Rope
03 Dear Rosemary
04 White Limo
05 Arlandria
06 These Days
07 Back & Forth
08 A Matter Of Time
09 Miss The Misery
10 I Should Have Known
11 Walk

A cura di Marco Giarratana

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